Giocarsi la vita per la libertà

di Giacomo Orlandini

Persino un semplice campo estivo di basket può trasformarsi in un incidente geopolitico quando è coinvolto Enes Kanter.

Nel luglio 2019, infatti, il consolato turco negli USA ha annullato un campo estivo dell’associazione benefica del giocatore, programmato presso il Centro islamico di Long Island. Il perché, dell’interesse del governo turco nel boicottare l’evento, risiede nei trascorsi tra il suo presidente ed Enes Kanter.

L’atleta è nato in Svizzera nel 1992 da genitori turchi, che lo hanno cresciuto nella loro terra natale. Nel 2011 ha iniziato a giocare a basket da professionista negli Stati Uniti. Lo stesso anno, ha giocato gli europei di basket con la nazionale turca, in occasione dei quali ha incontrato per la prima volta Erdoğan, all’epoca primo ministro della Turchia. I due si strinsero la mano: non potevano sapere che sarebbe stato l’inizio di una rivalità internazionale.

Il 17 luglio 2016, dopo il fallimento del golpe militare in Turchia, Enes Kanter attacca il premier turco sui social. Da quel momento la sua vita cambia per sempre. In meno di 24 ore riceve centinaia di minacce di morte, non solo per essere un personaggio di grande visibilità mediatica contro Erdogan, ma anche perché amico e sostenitore di Fethullah Gülen, politico che è stato prima alleato di Erdogan, poi avversario, infine ritenuto da quest’ultimo terrorista e per questo rifugiatosi negli Stati Uniti.

Per le sue critiche al presidente, Enes è stato condannato a 4 anni di carcere e la Turchia ha emesso un mandato di cattura internazionale. La polizia ha fatto irruzione nella casa della sua famiglia a Istanbul, perquisendola e requisendo tutti gli apparecchi elettronici. Da quel momento Enes non avrà più modo di contattare nessun famigliare. Il fratello Kerem, anche lui giocatore di basket, è stato bandito dalle nazionali turche. Il padre, portato in carcere, è tutt’ora sotto processo con l’accusa di essere complice di Enes. I loro passaporti sono stati annullati: non possono lasciare la Turchia.

Dopo essere stata accusata di terrorismo, la sua famiglia lo disconosce come figlio. Il padre scrive una lettera a Erdogan: «Con profonda vergogna mi scuso con il nostro presidente e con tutto il popolo turco per avere un figlio del genere» e provoca al figlio un immenso dolore. Ma i suoi famigliari non sono stati gli unici ad essere perseguiti a causa sua. Dei tifosi turchi ai quali aveva regalato le sue scarpe sono stati perquisiti e arrestati. Un ragazzo turco che lo aveva votato per l’All Star Game finisce in carcere e un dentista di Istanbul che aveva una sua foto in studio viene arrestato assieme alla moglie.

La persecuzione da parte del governo turco ha avuto anche effetti significativi sulla carriera di Enes. Temendo per la sua incolumità, è costretto a rinunciare alle trasferte con la sua squadra, soprattutto se fuori dagli Stati Uniti. Qualche mese fa a Boston è stato aggredito e minacciato da uomini di fede islamica, al grido di “traditore”, a riprova dell’enorme influenza di Erdoğan, persino a casa sua. Da quest’anno, infatti, gioca in NBA per i Boston Celtics, anche se ormai in Turchia le sue partite vengono censurate da anni. (qui il suo messaggio su Twitter ).

L’altra sua carriera, quella di paladino dei diritti umani e critico del regime turco, sta diventando sempre più difficile da sostenere e lo mette a dura prova giorno dopo giorno. Nell’estate del 2017, mentre era in Indonesia (paese legato alla Turchia) per sostenere attività benefiche, lo avvertono che le autorità locali lo stanno cercando per catturarlo: fortunatamente riesce a scappare in taxi all’aeroporto e a prendere il primo volo per l’Europa. Arrivato a Bucarest, in Romania, scopre che la Turchia gli ha “cancellato” il passaporto. Da quel momento è un apolide: non ha più alcuna cittadinanza. Ora Enes Kanter progetta di diventare Cittadino americano nel 2021. A suo dire, l’America ha saputo dargli quello che la Turchia invece si è presa: reputazione e famiglia.

Molta gente pensa che dovrebbe semplicemente stare zitto e giocare a basket, guadagnando milioni. “Come posso restare in silenzio? – risponde Enes – Ci sono più di 100.000 persone in prigione in Turchia. Sono rinchiusi soltanto perché hanno detto di non essere d’accordo con Erdogan. Democrazia vuol dire avere il coraggio e la libertà di parlare, senza rischiare di essere incarcerati per questo. Mi hanno chiamato terrorista, hanno chiesto all’Interpol di arrestarmi. Se fossi tornato in Turchia ora sarei rinchiuso in carcere. Restare lontano dalla mia famiglia è un sacrificio enorme. Ma le cose buone non sono mai semplici da conquistare. Il mio problema non è con il mio Paese. Il mio problema è con il regime nel mio Paese. In questo momento in Turchia non c’è libertà: nessuna libertà di parola, nessuna libertà di religione, nessuna libertà di espressione. Non c’è democrazia. Erdoğan sta usando il suo potere per abusare e violare i diritti umani. L’NBA mi ha dato un grande palcoscenico, per questo il mio obiettivo è essere la voce per tutte quelle persone innocenti che non ne hanno”.

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