di Roberto Dominici
Le leggi della fisica potrebbero impedire al cervello umano di evolvere in una macchina pensante ancora più potente. È stato postulato, la tesi proviene dall’Università di Cambridge, un limite anche all’intelligenza e Homo Sapiens sembra averlo raggiunto. Finiscono così le speranze di essere una specie ancora in evoluzione, destinata a trasformarsi in qualcosa di migliore, almeno per quel che riguarda la brillantezza del pensiero e le sue capacità di connessione.
Gli ostacoli sono almeno di due tipi. Il primo emerge da quanto ha affermato nel suo libro Work meet life, il neurobiologo Simon Laughlin: “Abbiamo dimostrato che, per funzionare, il cervello ha bisogno di consumare energia in misura notevole, proprio come il cuore. E si tratta di un’esigenza così grande da limitare le nostre prestazioni“. Questo perché il cervello umano, pur pesando il 2 % del nostro corpo, assorbe il 20% dell’energia (e nei neonati si arriva al 65%), e le cellule della corteccia cerebrale, che hanno un ruolo centrale nel ragionamento complesso, sono fra quelle che ne richiedono di più.
Quando siamo impegnati in profonde capacità di ragionamento, occorre molta energia, perché il cervello deve trovare nuovi collegamenti fra informazioni che vengono da fonti anche completamente diverse. Tutto ciò significa che c’è un limite alla quantità di notizie che possiamo elaborare. L’altro ostacolo è causato dal fatto che la miniaturizzazione delle cellule cerebrali e l’aumento delle connessioni fra cellula e cellula, la chiave con cui l’evoluzione ha spinto avanti l’intelligenza, sono arrivate entrambe a un punto limite. Le cellule non possono fisicamente diventare più piccole e le connessioni non hanno lo spazio per aumentare.
I neuroscienziati sanno da tempo che il cervello è suddiviso in moduli, ognuno dei quali è responsabile di funzioni differenti, come la vista o il movimento. I moduli sono collegati da fasci di fibre nervose e c’è chi ritiene che l’intelligenza sia il risultato dell’efficienza di queste connessioni. A Cambridge, un gruppo di psichiatri ha misurato l’efficienza con cui parti differenti del cervello comunicano fra loro, scoprendo che gli impulsi sono più veloci nelle persone intelligenti e brillanti, e lenti in quelle meno dotate. L’alta integrazione delle reti cerebrali, sembra essere associata a un elevato quoziente d’intelligenza.
Altri ricercatori hanno misurato i fasci nervosi, scoprendo anche in questo caso che quelli più sviluppati, cioè i cervelli più interconnessi, si trovano nelle persone più intelligenti. La notizia positiva è che abbiamo capito come l’evoluzione ha migliorato le nostre capacità speculative, ma resta quell’incredibile quantità di energia necessaria per partorire un’idea.
Per l’intelligenza si paga un prezzo. Intanto, da Utrecht, in Olanda, arriva un’altra conferma; lì infatti si studia come le variazioni nell’impianto del cervello influiscano sul quoziente intellettivo. Per aumentare il potere del cervello servirebbe un aumento sproporzionato di energia. Fare previsioni su un futuro remoto è rischioso, ma è chiaro a tutti che ci sono forti limiti a un ulteriore sviluppo. L’aumento delle dimensioni del cervello, per esempio, è utile fino a un certo punto, superato il quale il cervello consuma troppa energia e diventa più lento.
Anche migliorare lo schema dei collegamenti che attraversano il cervello consumerebbe energia e richiederebbe troppo spazio. Collegamenti più sottili andrebbero incontro a limiti termodinamici simili a quelli dei transistor nei processori dei computer: le comunicazioni diventano troppo rumorose. Gli esseri umani, però, potrebbero ugualmente arrivare a un livello di intelligenza più elevato in modo collettivo. E la tecnologia, dalla scrittura a Internet, ci consente di espandere la mente oltre i confini del nostro corpo.