Gregory Peck , protagonista indimenticabile di grandi film

di Mattia Gelosa

Aveva spento da pochi mesi le 87 candeline quando, a causa di una broncopolmonite, Gregory Peck si spense, dodici anni fa, nella sua amata Los Angeles, la città  di Hollywood, di cui era uno delle star più popolari e apprezzate.

Eldred Gregory Peck era nato il 5 aprile 1916 a La Jolla, cittadina californiana affacciata sull’oceano e poco distante da San Diego. Figlio di un farmacista irlandese e di una docente scozzese, viene indirizzato sin da subito verso una carriera scolastica importante e nel 1936 si iscrive alla facoltà di medicina. Fu uno studente brillante e un ottimo sportivo nella disciplina del canottaggio, ma la sua vita prese una svolta decisiva nel 1938, a New York, quando vide uno spettacolo teatrale che lo colpì al punto da fargli lasciare sport e studi sanitari per entrare in una scuola di recitazione.

Il suo debutto teatrale arriva presto, ma anche quello cinematografico segue di poco: la RKO lo scrittura come attore protagonista per il film Tamara figlia della steppa (1944, Jacques Tourneur), dove si fa notare, nella parte di un partigiano russo che protegge una ballerina del Bolshoi in fuga dai nazisti, per la recitazione misurata e per la sua bellezza fisica. Tali caratteristiche lo faranno diventare una delle vere icone del cinema romantico americano, ma la sua bravura attoriale fu altrettanto riconosciuta sin da subito: sempre nel 1944 il ruolo di un missionario ne Le chiavi del paradiso di Cronin gli vale la candidatura all’Oscar ed è chiamato a lavorare dai più grandi registi del secondo dopoguerra: è accanto a Ingrid Bergman in Io ti salverò (1945) di Hitchcock e ancora sotto la guida del maestro della suspance nel 1947 ne Il caso Paradine, con la nostra Alida Valli, lavori in cui lascia sfogare anche la sua anima tenebrosa e inquietante.

Brown, King Vidor, Kramer, Robert Siodmak ed Elia Kazan sono i grandi maestri che scelgono di avvalersi della sua grande personalità e duttilità, chiamandolo come protagonista per film di generi sempre diversi nei quali si trova comunque sempre a suo agio: le nomination all’Oscar ormai sono già diventate quattro, ma nessuna per ora è valsa il premio finale.

Negli anni ’50 comincia il  periodo d’oro della commedia romantica americana e Gregory Peck è il divo per eccellenza di questo nuovo genere, che lo rende noto anche al grandissimo pubblico.

Non è un caso che nel film icona di questi anni sia proprio lui il protagonista:  Joe, giornalista statunitense inviato come corrispondente a Roma, incontra per caso una principessa in fuga dalla prigionia dei suoi impegni mondani. A causa di un collasso nervoso lei, Anya, è sedata e allora vaga con aria stranita, al punto che il giornalista non la riconosce e la scambia per una turista ubriaca da aiutare. Insieme visiteranno la città di Roma e ne vivranno la vitalità in alcune scene indimenticabili, come quella di un viaggio in Vespa per le vie dell’urbe. Come avrete capito, la principessa era Audrey Hepburn e il film Vacanze romane, opera di William Wyler del 1953.

Il successo fu tale che entrambi gli attori, soprattutto l’allora giovanissima Hepburn, ottennero una popolarità raggiunta da poche altre star della storia del cinema.

Coi primi anni ’60 Peck subisce una crisi di popolarità che si accompagna a quella del genere e che è coinvolge anche altre star del calibro di Cary Grant e James Stewart: passa così a opere di diverso indirizzo come Cape fear (1961 di Lee Thompson, poi rifatto nel ’91 da Scorserse, che lo richiama per un cameo) e al successivo Il buio oltre la siepe (1962) di Mullingan. Finalmente, dopo quattro nomination a vuoto, Peck vince l’ambita statuetta dell’Oscar grazie alla parte di Atticus Finch, avvocato la cui vita è divisa tra il lavoro di unico genitore di due figli (la moglie è morta) e quello forense, reso complesso da un caso in cui il razzismo americano ancora la fa da padrone.

Dopo questo successo, paradossalmente, iniziano anni di crisi, con poche chiamate o film di poco spessore e solo il thriller Il presagio (1976, Richard Donner) lo rilancia come star internazionale, ma sarà l’ultima interpretazione davvero di rilievo.

Insignito della Medaglia presidenziale della Libertà nel 1969, massima onoreficenza americana, Peck si dedica sempre meno al cinema fino al ritiro completo negli anni ’90.

Il 12 giugno 2003, la sua stella si spegneva per sempre.

 

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