di Claudio Pollastri
“S dnem rozhdeniya, Mikhail”. Come ogni anno invio gli auguri di Buon Compleanno a Gorbaciov. Che come ogni anno mi risponde. Quest’anno spegne, se ce la fa, 91 candeline. E’ nato a Privol’noe, Russia, il 2 marzo 1931. Leggo “Spasibo”, grazie, e penso “chissà se anche Putin gli avrà fatto gli auguri?”. E poi “chissà cosa pensa l’Uomo della Glasnost e della Perestrojka di quello che sta succedendo in questi giorni?”. E ancora “come mai nessuno glielo chiede?”.
Ricordo l’incontro con Gorbaciov a Milano il 1° dicembre 1989 assieme alla moglie Raissa. Sorridente, disponibile con i fotografi. Aveva la pacata consapevolezza di chi è conscio, senza ostentarlo, di avere scritto una pagina fondamentale di storia mondiale. Anche lo sguardo era trasparente con la fierezza russa di avere fatto qualcosa per il suo popolo.
Portato alla battuta, anche se sempre filtrata dal cupo umorismo del Don, non incuteva soggezione anche se, standogli a due passi, si percepiva la grandezza delle sue imprese. Ma non doveva dimostrare nulla. La storia, quella con la S maiuscola, parlava per lui.
Più di vent’anni dopo, il 26 aprile 2010, avevo incontrato Vladimir Putin ospite dell’allora Premier Silvio Berlusconi a Lesmo, nella settecentesca Villa Gernetto sede della nascente Università della Libertà, dove era stato invitato a tenere la prima lezione. Allora, dodici anni fa ma sembra un‘era geologica, i due uomini di Stato erano amici e non lo nascondevano.
Berlusconi lo salutava con pacche aperte sulle spalle e Putin rispondeva con un sorriso chiuso dei suoi, lui che non sa sorridere e al massimo fa una smorfia stiracchiata.
Stare a tu per tu con Vladimir Putin era come vederlo in televisione. Se poi pensavo che avevamo la stessa età (è nato a San Pietroburgo il 7 ottobre 1952) cadevo in depressione. Soprattutto quando proclamava “Io, qui, sono la Russia”.
E riflettevo “e io, qui, chi sono?”. E poi precisava a fior di labbra sottili e allungate “io e Berlusconi siamo amici ma in politica e negli affari non basta l’amicizia”. Tutto con la voce metallica che suscitava qualche brivido come lo sguardo impenetrabile azzurro-acciaio.
Poco disponibile con i fotografi, si concedeva solo ai flash accanto a Berlusconi che ricambiava con sorrisi abbaglianti. Ma nessuna posa con i giornalisti. Anche davanti alle battute spiritose del Cavaliere (forse per difetto di traduzione) lasciava intuire un certo distacco. Lo stesso che manteneva durante la conferenza-stampa, nemmeno dopo il caloroso applauso per avere partecipato alla ricostruzione di Palazzo Ardighelli e della chiesa di San Gregorio Magno distrutti dal terremoto dell’Aquila del 2009.
Quando gli era stato chiesto se avrebbe assistito alla Messa di inaugurazione della chiesa come aveva dichiarato il Premier, aveva risposto con un sorriso dei suoi, lui che non sa sorridere e al massimo fa una smorfia stiracchiata.