I confini dell’Europa: una tragedia umanitaria

di Francesca Radaelli

Ai confini della disumanità. Dice già quasi tutto il titolo scelto da Caritas Monza per l’incontro dedicato al dramma umanitario della rotta balcanica. Lo scorso giovedì 18 marzo è stata trasmessa in diretta streaming  la testimonianza dell’europarlamentare Pietro Bartolo, protagonista di un viaggio sulla frontiera tra Bosnia e Croazia alla guida di una delegazione del Parlamento europeo.

All’incontro condotto da Fabrizio Annaro e don Augusto Panzeri, ha partecipato anche Sergio Malacrida, dirigente di Caritas Ambrosiana attivamente impegnata in Bosnia con una missione umanitaria.

Il racconto di Pietro Bartolo

Pietro Bartolo

Dopo la lunga e drammatica esperienza di medico a Lampedusa, raccontata dal film documentario Fuocoammare di Gianfranco Rosi, vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino nel 2016, Bartolo ha voluto andare a vedere di persona  ciò che accade oggi alle porte dell’Europa. E le immagini viste nel campo di Lipa, in Bosnia, nel  cantone di Una Sana, in cui si riversano i migranti, ricordano tanto quelle dei campi di concentramento della seconda guerra mondiale.  “Una bufera di neve, una serie di tende, una lunga fila di persone con piedi spesso nudi e una coperta addosso, in attesa di entrare nella tenda dove avrebbero ricevuto da mangiare. Pensavo di avere visto il peggio a Lampedusa. A Lipa mi sono sentito male, ho vomitato e ho anche pianto”. Il campo recentemente è stato distrutto da un incendio, i migranti vivono in tende in mezzo alla neve. Bartolo racconta di tende piene di buchi, senza acqua, senza servizi igienici.

Racconta di persone che hanno già tentato decine di volte il “Game”. Il gioco, la sfida è attraversare i confini e riuscire a penetrare nella ‘fortezza Europa’, la Terra Promessa. Le regole assomigliano a quelle di un videogioco: raggiungere la meta senza farsi colpire. Questo però è il gioco della vita.

Un’immagine del campo di Lipa

Racconta della polizia croata, che impedisce alla delegazione di europarlamentari di accedere al confine croato-bosniaco, di entrare in quella foresta che moltissimi migranti cercano di attraversare. Quella foresta in cui, raccontano i migranti, quelli stessi poliziotti usano i metodi più violenti e atroci per fermarli: “Mi sono state riferite violenze di tutti i generi, anche sessuali, vere e proprie torture”, racconta Bartolo.

Le responsabilità europee

Una situazione tragica che però è anche l’effetto di una strategia politica ben precisa dell’Unione europea: esternalizzare le frontiere.

Sergio Malacrida

“Quella della rotta balcanica non è un’emergenza”, spiega Sergio Malacrida. “E’ una crisi umanitaria, esplosa nel 2015, quando la rotta balcanica è diventata la principale via d’accesso all’Europa”. Una rotta che parte dalla Turchia, attraversa la Grecia e risale la penisola balcanica. Una via di ingresso che nel marzo 2016 l’Europa ha deciso di chiudere, sigillando i confini e affidando alla Turchia la gestione dei flussi. “Non esiste un modo legale per arrivare in Europa se sei siriano, afghano, pakistano iracheno”, sottolinea Malacrida. “Il tuo passaporto non ti permette di ottenere un visto e prendere un volo per l’Europa”.

Dopo l’accordo turco-europeo molte persone sono rimaste intrappolate lungo la rotta e i Balcani sono diventati le nuove frontiere esterne dell’Unione. Nel 2018 la Bosnia diventa un collo di bottiglia: il cantone di Una Sana, al confine con la Croazia, e quindi con l’Unione, accoglie migliaia di migranti. L’Unione Europea stanzia alla Bosnia fondi per 85 milioni di euro. “Per mettersi a posto la coscienza”, dice Bartolo.  La Bosnia affida all’IOM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, agenzia Onu)  la gestione delle strutture d’accoglienza, ma le strutture sono già al collasso. Anche l’IOM a un certo punto ha rinunciato a gestire la situazione. Chi è incastrato lungo la rotta può  solo tentare il Game, il tentativo di attraversare il confine.

Il refettorio costruito a Lipa da Caritas Ambrosiana e IPSIA

Il ruolo dell’Europa

“L’Europa deve prendersi delle responsabilità, deve affrontare il fenomeno della migrazione diversamente”, denuncia Bartolo. “Non possiamo continuare a esternalizzare, a finanziare Paesi terzi per fermare le persone dirette in Europa: Bosnia ma anche Libia, Turchia”.

Come fare allora? “Innanzi tutto non trattare le migrazioni come un’emergenza. Dopo 30 anni dobbiamo capire che sono un fenomeno strutturale a livello mondiale. Così come è riuscita ad affrontare il problema della pandemia con una strategia comunitaria, l’Europa deve trovare una strategia comune anche nel campo delle migrazioni”. La soluzione, per Bartolo, è quella già proposta e approvata nella scorsa legislatura: “Il ricollocamento dei migranti in ingresso su tutti gli stati membri. Oggi il peso della gestione del fenomeno è tutto sui Paesi di primo ingresso: Italia, Grecia, Spagna, Cipro, Malta, ma anche la Croazia. Queste persone devono arrivare attraverso i canali regolari”.

Migranti in fila per il pasto nel campo di Lipa

Bartolo ricorda che anche noi siamo stati e siamo tutt’ora migranti economici. “Ci hanno raccontato che i migranti sono un pericolo da respingere, un’invasione, dei nemici da cui proteggerci con un esercito chiamato Frontex”, sottolinea Bartolo. “Ma l’incontro è sempre una ricchezza. La mia isola, Lampedusa, è un’isola di pescatori:  ci sono persone con cognome spagnolo, greco, maltese. E viviamo insieme. E viviamo bene”.

La politica e l’indifferenza 

Ascoltando parlare Pietro Bartolo, medico ed europarlamentare, viene da pensare che forse dovrebbero davvero essercene di più, di uomini politici così. Appassionati, capaci di ‘sporcarsi le mani’ con la realtà vera delle cose e di scuotere le coscienze.

Solidarietà e rispetto della dignità umana dopotutto sono tra i valori su cui si basa quella stessa Unione Europea che oggi esternalizza le frontiere, contribuendo a creare la tragedia umanitaria nei Balcani. Forse ce ne siamo dimenticati: “In Europa si è creato un naufragio, un ‘vuoto’ di umanità, salvare le persone è diventato un reato”.

E allora forse, come  dice Fabrizio Annaro rivolgendosi a Bartolo, il compito del medico di Lampedusa oggi è proprio questo: “Curare il cuore dell’Europa dalla malattia dell’indifferenza”.

Di seguito il video dell’incontro con Pietro Bartolo:

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Caritas Ambrosiana – Emergenza Profughi Balcani

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