Quante volte ci siamo lamentati sui ministri del nostro stato e quante volte abbiamo desiderato ve ne fossero di diversi, più disponibili e meno corrotti. A volte, ingnoriamo che dei “Ministri” di eccellenza esitono, eccome. Sono niente meno che Davide “Divi” Autelinano, Federico Dragogna e Michele Esposito ad aver indossato questa giacca da ministri, con l’incarico di diffondere per lo Stivale le note di una musica autentica. A supporto di questo, l’ultimo lavoro del trio indie milanese: “Cultura Generale”, uscito lo scorso 18 settembre. Un album composto da dodici tracce, registrate in presa diretta presso gli studi della DDR, la radio pubblica della Repubblica Democratica tedesca, con l’aiuto del produttore Gordon Raphael, noto per la produzione dei primi due dischi degli Strokes. Le sonorità di questo ultimo lavoro conducono la mente alla capitale tedesca e viene definito come uno tra i più autentici e sinceri di tutti gli incisi dal gruppo. Dal 21 ottobre il via al tour, che vede la prova generale, la cosiddetta “data zero”, allo Studio Foce di Lugano, scenderanno poi a Roma, Bologna e fino ad arrivare il 4 novembre, data in cui giocheranno in casa, all’Alcatraz di Milano.
Ho cercato di intervistare Fede, chitarrista e compositore dei testi del gruppo, nonchè ex giornalista di “Tutto Musica”, leggete un po’ quello che è emerso!
A cosa fa riferimento il titolo dell’album “Cultura Generale”?
“Cultura Generale” si riferisce all’espressione stessa, al cercare di capire in che cosa consiste e chi lo decide: ci siamo chiesti se è il terreno in cui un Amadeus va a pescare le domande per il quiz, oppure l’universo della cultura italiana. E soprattutto, il rock e noi ne facciamo parte? Nel senso che pensiamo che essere una rockstar in Italia, nonostante siamo nel 2015, continua a essere una condizione strana, come se fossimo un caseificio in Svezia. E credo che questo stato d’animo sia lo stesso dei ragazzi che ci seguono, sentirsi costantemente dei pesci fuor d’acqua. È ciò che si viveva negli anni Sessanta e ancora oggigiorno, noi continuiamo a vivere questa sensazione, quindi abbiamo riflettuto e cercato di capire se effettivamente il collettivo cultura generale avesse incluso anche la musica.. culturale.
Cosa offre questo nuovo lavoro rispetto ai precedenti?
Questo album rispetto ai precedenti rappresenta un “ricominciare di nuovo”: è stato registrato in presa diretta, con un livello di verità e di sincerità che forse non avevamo mai adottato. Il fatto di averlo realizzato a Berlino, lontano dall’Italia, con il supporto di un produttore americano, ha eliminato molte ansie che sono tipiche del registrare in Italia. Quando sei in Italia sei succube dell’idea che la grande mamma radio probabilmente non ti metterà in onda, e rimane piazzata lì, come un faro, a succhiarti le energie e a metterti ansia. Invece, al di fuori, questo pensiero non ce l’hai, questa volta ce ne siamo largamente fregati. Questo stabilirà un nuovo modo di affrontare il tutto, con un nuovo via al riparo dall’ansia.
Perché questa ansia della mamma Radio?
In Italia funziona così a tutti i grandi livelli. Precedentemente la radio, ora anche X-factor, si sono messi a dettare regole che influenzano anche i gruppi che si credono più autonomi, le stesse norme contro cui inveiscono nei loro testi. Questo accade, perché inesorabilmente rimane l’occhio puntato verso il successo facile, lo stesso che ti uccide artisticamente dopo nemmeno un anno. Per noi è stato fondamentale trovare qualcuno che fosse vergine da tutto ciò, il produttore dei primi due album degli Strokes, ha rappresentato la persona giusta per svincolarsi da tutti questi paletti. Gordon Raphael rifiuta qualsiasi tipo di tecnologia nata negli ultimi vent’anni, che sono solamente di correzione, limitando al massimo la post-produzione: continuiamo a registrare l’audio con i mezzi che sono stati inventati negli anni Settanta, ma correggiamo con le tecnologie attuali, quindi autotune, cantanti intonatissimi, batterie perfette, ma irreali.. abbiamo deciso di dare vita a un disco esule da queste distorsioni.
La scelta del produttore è quindi nata da questa esigenza?
Sì, ma è anche nata dal fatto che ci siamo trovati in sala prove e ci siamo detti: «ok, ognuno cerchi un disco che ritenga essere un grande disco e poi cerchiamo chi l’ha fatto e lo contattiamo». È nato in un modo in cui uno lo pensa in un sogno: abbiamo portato il disco degli Strokes, abbiamo guardato nel libretto, abbiamo visto il nome. Poi lo abbiamo cercato su Google e scritto una mail: abbiamo iniziato a corteggiarlo e due mesi dopo ha accettato. È stata una storia da Cenerentole!
Per quanto riguarda i testi da cosa è stato influenzato?
Siamo un gruppo che ha dieci anni di carriera alle spalle e siamo tutti in “età Gesù”. Io ho 33 anni come Michele, il batterista, e Divi, ne ha 32. Nonostante questo abbiamo spesso un pubblico molto giovane, iniziamo ad avere i problemi da trentratrè.. ci ritroviamo ad affrontare una serie di responsabilità e di aspettative comuni a chi supera i trenta, per questo c’è una parte del disco che ha un’area più dark. Altri brani invece, interpretano la necessità di trovare una felicità in qualsiasi stile di vita ci sia messo a disposizione, che non coincidono con quelli disponibili ai tempi dei nostri genitori, con un lavoro pronto e con una pensione sicura. Siamo una generazione che si accorge strada facendo che a trentaquattro anni puoi ritrovarti con uno stipendio da quattrocento euro, nonostante tu sia laureato: siamo ancora figli a trentaquattro anni. Quindi cercare il buono in questa condizione, un’idea che dice, guarda quello che c’è e cerca di essere felice comunque. C’ è un pezzo che parla anche di questo. “Estate Povera”: parla di me che l’estate scorsa, non avendo un soldo in tasca, andavo in giro cercando un fiume dove poter fare il bagno, invece di dire voglio la cabina e l’ombrellone al mare. Il bello esiste anche attorno a noi, anche se a volte sembra più povero di quello che ci aspettiamo.
C’è un ricordo simpatico, che vuoi raccontarmi, legato al mese di registrazione passato a Berlino?
È buffo il fatto che abbiamo registrato nell’ex sede della DDR, la radio della ex repubblica democratica tedesca di Berlino Est, che è un posto grande come la stazione centrale di Milano e semi abbandonato. Il bagno sarà stato distante dallo studio almeno mezzo chilometro e venivano messi a disposizione, delle band che registravano, dei monopattini. È stata una tragedia! Non so stare in piedi su un monopattino, quindi cercavo di limitare il più possibile le mie trasferte ai servizi, per evitarmi la drammaticità del momento. Gli altri due invece, sfrecciavano come dei matti! Io su monopattini, skateboard non sono mai stato in grado di starci.. per il prossimo disco, mi porterò una bici elettrica!
Tra le canzoni mi colpisce il titolo di “Cronometrare la polvere”, me la racconti?
È una canzone a suo modo triste, che parla di ansie e di depressioni. Il ritornello canta: “fare progetti e farne sempre meno, fare l’amore e farlo sempre meno”. Parla di momenti difficili, con uno scenario poco felice il cui sfondo è camera mia che è sempre piena di polvere, che viene su dalle strade di Milano e non riesco a capire come. Il tempo si avverte in camera mia come nei documentari in cui Alberto Angela è sopra la tomba del faraone e così avviene nella mia stanza: senza che io faccia niente, la polvere si deposita in continuazione. Avevo pensato anche a delle installazioni, come una telecamera lasciarla in time lapse a registrare la polvere che cade. La colpa è decisamente della polvere di Milano.
A chi dedichi questo album?
Beh, lo dedico agli altri due. Anche senza sapere la loro risposta; loro farebbero lo stesso, penso. Portare avanti una rock band in Italia è una cosa che richiede tanto sacrificio, richiede girare in continuazione, tanto amore e una tolleranza infinita.. chi ha una band e la vive da diversi anni, ha problemi nella propria vita affettiva, questo perché ha già costruito una relazione, quella della band. Come in una coppia richiede tanto, da imparare e da dare e quindi magari hai casini in altri aspetti della vita. Questi sono i Ministri, un gruppo che funziona ancora bene, non posso che dedicarlo a loro. Non dimeticando che ci sono, là fuori, un sacco di ragazzi che ci permettono di vivere tutto questo, senza loro non potremmo andare avanti. Però mi sento di dedicarlo agli altri due, effettivamente.
In un vostro post del 2008 avete scritto: “101 fans. Pensavo non sarebbero più di tre” a oggi cosa ti senti di dire?
È davvero sempre una sorpresa: ci sono sempre persone nuove che ci vengono ad ascoltare. Un po’ credo sia dovuto al fatto che non ci sia molta concorrenza in Italia come rock band, o forse al fatto che lo scegliere di stare lontano da grandi meccanismi, concorsoni, festivaloni.. in fondo, in fondo, ha rallentato la nostra crescita, ma ha dato la possibilità di una storia vera e normale ai ragazzi. E penso che questo, dopo un po’ paghi. Vederli crescere di numero è sempre una meraviglia.
Una domanda sul tour: quali novità ci saranno?
Novità riguardo alla formazione, prima avevamo Effe Punto che ha deciso di intraprendere la sua carriera cantautorale da solista, seppur con grande lentezza. Per il tour, abbiamo deciso di coinvolgere un nuovo quarto: Marco Ulcigrai, voce e chitarra de “Il triangolo”, band luinese. Un grandissimo acquisto: gran voce e gran chitarra, lui è molto più alto di noi, quindi dovremmo realizzare una scenografia tipo “Il signore degli anelli” in cui tutto è in prospettiva, per far sembrare tutti effettivamente normali.
Chiara De Carli