di Davide Villa
Il caso ha voluto che, durante una cena in famiglia, si finisse a parlare di Ungaretti e dei suoi versi che, brevi e concisi, sanno scavare come lame nell’animo del lettore.
Sfogliando le pagine dell’antologia a lui dedicata mi sono imbattuto in “Italia”, scritta sul fronte nel 1916, quando la 1° guerra mondiale soffocava intere generazioni nelle immobili trincee di fango.
Un passaggio mi ha colpito particolarmente:
“Sono un frutto
d’innumerevoli contrasti d’innesti
maturato in una serra.”
Ungaretti si ritrae come un frutto dell’Italia, figlio di incroci, di contraddizioni, di contaminazioni; maturato nel calore di una Paese che come pochi sa riscaldare il cuore.
La bellezza che segue l’apparente confusione, il fine che giustifica il caos.
In questa digressione letteraria affondano i motivi per cui voterò NO al referendum sulla riduzione dei parlamentari.
Non tanto per la volontà di preservare la nostra costituzione (votai Sì al referendum di Renzi) ma per la sensazione che questa riduzione sia semplicemente un impoverimento della nostra profondità decisionale.
Siamo un paese di apparenti contrasti, assurdità e controsensi.
Il nostro parlamento lo rappresenta in toto nel bene e nel male e credo che non sarà la riduzione del numero degli eletti che darà un senso a questa pluralità che ci definisce come popolo.
Stiamo semplicemente cercando di ridurre il numero delle persone che partecipano alle decisioni, senza curarci che queste sappiano cosa fare o siano nelle condizioni di poterlo fare.
Vogliamo avere un parlamento in cui l’efficienza (capacità di raggiungere un obiettivo col minimo) venga prima dell’efficacia (capacità di raggiungere di un obiettivo).
Al momento il nostro è un parlamento NON EFFICACE, come può una semplice riduzione di numeri renderlo EFFICIENTE?
Servono nuove regole, metodi, sistemi che lo rendano efficace prima che efficiente.
Poi sarà il tempo di ottimizzare le risorse…ma solo poi.
Prendendo spunto dall’era Covid provo a fare un esempio del mio pensiero.
Cosa risulta più pericoloso?
Un assembramento con 400 persone senza mascherina o uno di 650 con mascherina?
Sono le regole, o l’assenza di queste, a fare di un assembramento un pericolo, non tanto il numero.
Lo stesso vale a mio parere per il parlamento.
Meglio poche persone con regole che hanno dimostrato di non funzionare o la totalità dell’emiciclo ridisegnando ruoli e passaggi legislativi?
La riduzione del numero senza portare modifiche sostanziali alla catena di comando che gestisce la legislazione italiana non genera altro che una riduzione della pluralità delle scelte, delle idee e della rappresentanza.
Cresciamo come popolazione, come partiti, come fazioni e come modi di vivere.
Può essere una scelta saggia ridurre le persone deputate a rappresentarci a livello istituzionale?
Crediamo davvero che ridurre il numero di rappresentanti in un periodo in cui la fiducia nelle istituzioni è al minimo, in cui “voto lui perché è come me” è la dottrina politica imperante, in cui abbiamo decomposto ogni ideologia, sia la scelta corretta per riavvicinare la politica alle persone?
Non sembrerà ancora di più che “Pochi eletti” (di numero e di fatto) abbiano in mano le sorti nazionali, senza che il Sig. Rossi abbia la possibilità di far nulla?
Che chi non si senta rappresentato si rifugi nel sentimento di antipolitica che tanto vogliamo evitare?
Che si possa finire in un vortice in cui “meno siamo meglio è” purché tutti la pensino come i leader?
La riduzione del numero dei parlamentari, unita alla volontà di introdurre il vincolo di mandato e alle altre scelte figlie del desiderio utopico di democrazia diretta (ad es. referendum propositivo), potrebbero portare a svuotare il palazzo del senso per cui è stato costruito, non essendo più in grado di dare una voce alla scelta dei cittadini.
Una voce che sarà, in caso di vittoria del Sì, meno corale, meno sfaccettata e non per forza più limpida e intonata.
Sono convinto che l’imperante minimalismo del “less is more” non possa essere applicato in politica senza pensare ad un sistema elettorale e di legiferazione che snellisca i passaggi in parlamento e non solo i numeri dei votanti di una legge o di un decreto.
Insomma, ritornando alla poesia con cui abbiamo aperto, tutto in Italia è frutto d’innumerevoli contrasti d’innesti.
La vera sfida è valorizzarli e cercare di renderli efficaci, per poi iniziare la lunga strada per l’efficienza che meritiamo noi e i nostri figli.
Tagliare senza progetto comporta rischi che non possiamo permetterci di correre.
Del resto ce lo insegna anche la natura.
Gli innesti giusti aiuteranno una pianta a portare frutto.
Potarla senza pensare a quali rami fioriranno domani non la renderà più forte, ma solo meno bella e meno produttiva.