di Chiara De Carli
25 anni fa, un gruppo di nome Nirvana tornava a suonare al Bloom di Mezzago. Era niente meno che il trio di Seattle, identificato nella figura di Kurt Cobain, quel ragazzo con i capelli biondi, che vestiva con camicioni e berretti.
Era la seconda volta per loro. Sì, perché «Nel 1989, si esibirono in supporto ai Tad. – Racconta Massimo Pirotta, socio fondatore del Bloom – I Nirvana erano ancora poco conosciuti in Italia. In quel live, il cantante Tad Doyle stette male, a causa di una indigestione da cappuccini e fu portato all’ospedale di Vimercate. Kurt prese quindi il controllo del palco e iniziò a cantare con gli altri del gruppo, come se fosse parte dello stesso. Fu un concerto memorabile, nonostante nel locale ci fossero pressappoco 200 persone».
Passano due anni e si presenta la possibilità di riaverli, al Bloom. Il ricordo del flop era vivo, ma la caratteristica del locale è sempre stata quella di invitare a suonare gruppi che avessero colpito i gestori per qualche ragione. La scelta ricade ancora una volta su questa band americana, composta da Kurt Cobain, Chris Novoselic, David Grohl. “Smells like teen spirit” o meglio “Smells like Bloom”, come si legge tra le pagine del libro “Sviluppi incontrollati – Bloom di Mezzago Crocevia Rock” (2012, Volo Libero). Questa affermazione, perché nell’estate del 91, i Nirvana firmarono il contratto con il Bloom: avrebbero suonato domenica 17 novembre. “Neanche il tempo di togliere il ToBeConfirmed dalla data, che i Nirvana raggiungono le vette delle classifiche di tutto il mondo”(ib). Il motivo? Nel settembre dello stesso anno, pubblicarono il celebre album “Nevermind” (1991, Geffen Records). Un disco che di lì a poco sarebbe diventato il numero uno, in tutto il pianeta.
«Il Bloom si trovava a essere spettatore del successo che questi ragazzi stavano vivendo. Sapevamo di non avere un locale adatto ad ospitare molte persone» afferma Pirotta. Dopo il clamore che aveva destato Nevermind, lo staff della band propose loro di esibirsi per il tour europeo in posti più grandi. Tuttavia furono gli stessi Nirvana a decidere di non cambiare né luoghi né date in precedenza fissate. E fu così che il piccolo locale brianzolo, omonimo di una loro canzone “In Bloom”, venne preso d’assalto: i biglietti furono esauriti con ben due settimane d’anticipo. Ma c’erano poi anche i soliti ritardatari, e al Bloom, come accade nei circoli, si poteva (e si può,ndr) entrare anche comprando l’ingresso la serata stessa.
Questo significava «dover trovare un modo per comunicare alle persone, che senza biglietto in mano, non si entrava. Non c’era spazio per loro. L’annuncio l’abbiamo dato tramite Radio Popolare, ma senza nessun risultato». Perché? «La sera del concerto riuscimmo a far entrare circa 600 persone, fuori ne rimasero qualche migliaio. C’era gente da tutta Italia. Ero posizionato sulla porta di sicurezza e del concerto in sé ricordo ben poco. Dovevo controllare che tutto andasse per il verso giusto. Placavo gli animi delle persone che erano fuori e che giustamente desideravano entrare. Dentro l’aria era irrespirabile, ma l’atmosfera era pazzesca: vedevo gente che “volava” tra la folla. È stato davvero incredibile».