di Francesco Troiano
Nella tristezza dei giorni delle città deserte, erano accaduti dei miracoli: i cervi in Duomo, le anatre nelle piazze, uccelli rarissimi nei parchi e sugli alberi delle metropoli.
In questi giorni, nel nostro giardino, il miracolo prosegue con la comparsa di animali che non si vedevano da tempo.
L’altro giorno, un insetto che, in controluce non riuscivo a riconoscere, volava come un piccolo elicottero intorno al melograno. Si è poi posato sulla panchina accanto al gelsomino e, ho rivisto, dopo non so quanti anni, una libellula, con le ali di cristallo dai riflessi gialli e il corpo bruno.
Seduto sotto le stelle di fine agosto, una sera in cui spirava una piccola brezza, sul lato sinistro del mio campo visivo, si accendeva e si spegneva una lampadina volante. Non capivo, o non volevo credere che in quell’angolo del giardino volasse qualcosa che ormai pensavamo appartenere ai racconti di ragazzini: una lucciola, che, volteggiando solitaria nell’oscurità, mi ha sorpreso ed emozionato.
Le rondini, la cui esistenza la scienza oggi considera ad alto rischio (almeno una volta alla settimana ne vediamo arrivare una dozzina) disegnano cerchi concentrici nell’aria e, con i loro richiami, sembra che, ad ogni passaggio, inviino il loro “ciao”.
Scorgere i pipistrelli all’imbrunire era, ormai, occasione rara. L’altra sera ne ho intravisti un certo numero, con una rapidità e precisione di volo che, soltanto i radar naturali di cui sono muniti, consente loro di non scontrarsi o di impattare contro qualche ostacolo.
Dentro di me, dicevo grazie alla Natura che, nonostante tutto, lentamente, si riappropria del suo cielo, della sua terra, delle sue acque.
Fra le magagne del nostro vivere che ha distrutto questi equilibri, è come se questi ritorni, c’inviino un estremo e disperato messaggio d’amore.
Da fare nostro, senza ripensamenti.