I racconti del melograno: bar Acquarius

di Francesco Troiano

Al bar Aquarius il bancone trabocca di piatti ornati da tovaglioli gialli su cui sfavillano patatine, rotolini di mortadelle accompagnati da fettine di pane croccante, bocconcini col pomodoro, cubetti di formaggio, montagnole di salatini vari.

Oltre il bancone scivola avanti e indietro lei: venticinque anni, capelli corvini raccolti a crocchia, viso angelico e occhi verdi da immaginetta di Medjugorje. Le mani affusolate di nostra Signora Degli Aperitivi volano sugli accessori del bancone per sistemare, pulire e rabboccare.

Entra un giovane uomo con giaccone, pantaloni verdi a costine e una tela dentro una cartella sotto braccio. Avrà sui trent’anni. Cerco d’indovinare: un grafico. No, un pittore.
E’ una fatica. Si vende poco, e i debiti crescono.

Sento queste cose da lui, che mi sta parlando senza guardarmi. Sta fissando i cetriolini che sceglie come i suoi pennelli, e sorseggia la sua Ceres.
“Bella eh?” Ammiccando alla ragazza che combatte con la macchina del caffè.
Annuisco a Orlando sorridendogli. (Orlando è il suo nome perché il ragazzo alla cassa l’aveva chiamato).
“Mi fa impazzire. Sono mesi che vengo a fare l’aperitivo e non penso ad altro. Ci credi?”

Sta parlando talmente sotto voce che è un’impresa capirlo.
“Certo che ci credo. E perché non ti fai avanti?”
“Ma m’invento di tutto. Racconto barzellette, frasi romantiche che trovo su internet… Le ho portato anche un regalo…”
“E come è andata?”
“Le avevo preso una spilla di bigiotteria. Si è fatta una risata e ha detto – grazie lei è molto gentile – poi è finita lì.”

“Dovevi provare a invitarla a cena”

“Avrà capito che sono uno sfigato…non accetterebbe mai…e poi avrà sicuramente il ragazzo”

“Orlando tu non sei affatto uno sfigato: un pessimista…questo sì. Che te frega…buttati. O la va o la spacca”
Orlando succhiava il bordo del bicchiere vuoto mentre i suoi occhi accarezzavano la bar-girl, sicuro che l’apparizione non finisse mai.
Non avevo fatto in tempo a finire il mio caffè che, come un fulmine, l’ho visto dirigersi verso la porta di uscita a testa bassa, sbattere contro lo stipite, e la tela, sfuggirgli dalla cartella come un sapone e cadere di piatto sul pavimento mostrando l’immagine del quadro.

Una ragazza con gli occhi verdi e i capelli corvini.

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