di Francesco Troiano
Marzo 2019
Arrivo da una città immaginifica che conoscevo se non per un viaggio breve di tanti anni fa in visita con mio figlio piccolino al bellissimo acquario.
Il nome di questa città è Genova.
Con il mio amico Riccardo siamo andati per una trattativa che riguarda il nostro spettacolo su Neruda da rappresentare sulle chiatte del Porto Antico. Prima di riprendere il treno per Milano, abbiamo attraversato le stradine della città vecchia, assaggiato la meravigliosa focaccia ligure, assaporato l’odore di salsedine che invadeva i vicoli e ci siamo dondolati sulla musica della chitarra di Yuri che cantava De André.
Ottobre 2020
Il nostro cuore è spezzato: dello spettacolo al Porto Antico di Genova non se n’è fatto più nulla. Il covid ci ha bloccati a Milano. Le ambulanze, come in primavera, hanno ricominciato con la giostra delle sirene.
Ai giardini con il cane, in prossimità del chiostro di Santa Maria alla Fontana, alcune persone parlano animatamente. Capisco che è il sacerdote che spiega a una coppia sulla necessità di rimandare il matrimonio.
Vedo i loro visi tirati e sento che anche il loro cuore, adesso, è infranto.
Avrei voluto avvicinarli e dire loro che nulla è perduto. Che il loro “momento unico” arriverà presto.
Davanti ai miei occhi, intanto, scorrono le immagini di quel porto, dei fischi dei gabbiani attorno ai transatlantici alla fonda, lo “scrosc” dei flutti sotto il pontile del Porto Antico.
A reveise Zena.