di Francesco Troiano
Mia madre abita in zona San Siro, un luogo di Milano, che sta fra i ricordi di una fanciullezza di pertosse e la memoria del secondo tempo della mia vita.
Sono qui per accompagnarla all’ospedale San Carlo per una visita.
Quando avevo cinque anni, (parlo quindi degli anni ’60) da casa nostra, si veniva da queste parti perché lo consigliava il dottore (dove c’erano i prati di San Siro, vedere oggi le case e il cemento, sembra uno strano sogno).
“L’aria l’è propri bona” diceva il dottor Rossi: quei medici di famiglia di una volta che, per la generazione di quegli anni, venivano ricordati come dei parenti stretti.
Domenica, all’ippodromo, mio padre ci piazzava davanti al girotondo dei cavalli, un giardinetto circolare dove gli artieri facevano fare un giro ai quadrupedi gareggianti per farli visionare agli scommettitori.
“Cavalli al tondino” squillava lo speaker dall’alto parlante, e le famiglie con lo zucchero filato o il cornetto dell’Algida in mano, si appoggiavano alla balaustra per assistere estasiati a quella giostra equina così unica e speciale.
A cinquant’anni, in questa casa, mi trasferii dopo il divorzio.
La sera, su questo balconcino ascoltavo un vento leggero, gli alberi ondeggiavano nel piccolo cortile, e qualche stella delle prime tenebre mi teneva compagnia.
Mancano due ore all’appuntamento. Lei ora dorme.
Il cielo è sgombro e non fa freddo.
Mi siedo un attimo qui fuori.
Tanto è presto.