Il custode dei semi dimenticati

expo-frutti00001L’archeologo delle piante. Il custode dei semi antichi e dei frutti dimenticati, che rivivono grazie alla sua sapiente abilità, tornando a crescere e fiorire. Ma soprattutto il creatore di un giardino decisamente sorprendente, un esperimento unico, una sorta di museo vegetale in cui passato e presente si intrecciano fra loro,o per meglio dire, il passato si innesta miracolosamente sul presente e lo arricchisce di nuovi colori, profumi e sapori.


Lui è Leopoldo Tommasi e il suo giardino incantato – e inaspettato – si trova proprio nel cuore di Milano. È una vita da antiquario la sua, dedicata allo studio e alla ricerca storica di antichi semi, con la missione di far rivivere le varietà arboree del passato, recuperando la biodiversità presente storicamente nelle varie regioni d’Italia e salvando dall’estinzione antichissime varietà di piante.


Lo troviamo nel suo “piccolo” orto all’interno dell’area demaniale dell’ex manicomio Paolo Pini, un terreno che ospita circa 200 orti e che Leopoldo divide con altre persone, fornendo loro consigli e scambiando semi provenienti da varie zone d’Italia.

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Veneto, originario del Polesine,spesso da bambino Leopoldo accompagna il nonno,  agrotecnico del territorio, in giro per la campagna. Si iscrive alla facoltà di agraria, che frequenta per due anni, per poi cambiare completamente rotta ed entrare nel mondo della moda, in cui  lavora fino a 44 anni.


Ma a un certo punto decide di abbandonare tutto, ritornando indietro, all’infanzia e alla passione per la terra, e comincia una nuova vita a contatto con la natura. Conosce il conte Gaetano Besana, un vero e proprio maestro, e con lui si dedica al recupero delle vecchie varietà di alberi da frutta, dando vita nel Parco di Montevecchia alla Cascina Galbusera Bianca.


Dopo aver insegnato per 13 anni alla Cascina Frutteto del Parco di Monza, ora dedica il proprio tempo alla ricerca dei “patriarchi”, ovvero delle vecchie piante esclusive da dove è possibile recuperare gli antichi semi. Come quelli del pomodoro che coltivava il nonno e che è riuscito a recuperare nel 2009, dopo essere tornato in Polesine nei luoghi dove aveva vissuto da bambino.

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Da studioso scrupoloso, ha catalogato meticolosamente ogni varietà scoperta, ha pubblicato tutte le sue ricerche, e, presentando il suo archivio, snocciola numeri impressionanti:  180 schede sono dedicate alle varietà di mela, circa 80 alle pere, 160 ai pomodori. Entrando nella sua serra, si schiude un piccolo mondo fatto di ortaggi dai nomi curiosi e –inutile dirlo – molto poco famigliari: la zucchina spinosa, l’acetosa normanna, la lattuga barba del frate.


E ancora il cavolicello, una pianta spontanea che cresce sull’Etna, l’atriplice, uno spinacio che risale ai tempi dei romani e dei greci, silene, un’erba tipica brianzola. Ci mostra il piccolo appezzamento con quattro file di carote: ognuna, spiega, produrrà carote di un colore differente, dal bianco al rosso.


Ma nell’orto c’è spazio anche per  il finocchio selvatico, le varie specie di pomodori, patate di colore viola, piante di rabarbaro e di assenzio. E le antiche fragole moscate, i cui semi esistevano già nel 1200.

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E poi ci sono le piante da frutto, come la pera antica “buona Luisa da Avranches”, oppure la mela “magnana” del Piemonte, la mela rosa di Levanto, la mela “di lusso” del 1500, la mela “del sangue” perché rossa, la mela “bisunta”, chiamata così perché quando matura la sua buccia è untuosa al tatto.


E come non citare il “fico della madonna”? A quanto pare il frutto che produce è davvero prelibato! Tra le piante sparse qua e là, spuntano poi il “fico di Udine”, una varietà di pera piccola, la “ceresa di Spagna”, un ibrido tra prugna e ciliegia, il “biricoccolo” o “mugnaga nera”, un ibrido tra albicocca e prugna.


Leopoldo ci fa strada nel suo giardino, parla, spiega, racconta le storie delle piante dimenticate. E da ogni parola, da ogni gesto, traspaiono tutto l’amore e la passione con cui si dedica al suo lavoro, così inusuale e incredibilmente affascinante. Fondatore di Pomarium e Viridiabio, Leopoldo Tommasi si occupa infatti della ricerca, salvaguardia e riproduzione delle antiche varietà di alberi da frutto e ortaggi, fornendo consulenze a privati e aziende biologiche.


Con l’obiettivo di salvare dall’estinzione un ricco patrimonio di biodiversità che rischia di andare perso, facendo spazio, dentro orti e giardini, a frutti antichi e piante sempre più rare.

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E quando lo spazio per tanta varietà proprio non si trova? La soluzione c’è, rivela Leopoldo. Entrano infatti in campo gli innesti e le cosiddette piante “parcheggio”. Su di un solo tronco, ci spiega, è possibile innestare diverse varietà di frutti, creando così un albero “multietnico” e unico nel suo genere, in grado di far nascere su ognuno dei propri rami un frutto differente. Perché nemmeno uno, di quei frutti antichi e preziosi, deve andare perduto.

Francesca Radaelli

Fotografie di Giovanna Monguzzi e Stefania Sangalli

 

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