Il dialogo del cuore: Terence Hill

Chi ha avuto fortuna nella vita si ricorda di coloro (e sono tanti) che stanno peggio? I cosiddetti big sono grandi anche in beneficenza? Le stelle brillano in solidarietà? Le risposte in questo viaggio alla scoperta del senso della prossimità dei personaggi famosi guidato dal giornalista-scrittore Claudio Pollastri

“In Umbria il Natale sa di presepe, di san Francesco… si respira un’atmosfera di pace universale… gli avevo dedicato anche Botte di Natale, un film pugni e risate col mio amico fraterno Bud Spencer ”, ha spiegato Terence Hill, all’anagrafe Mario Girotti, sull’ultimo set di Don Matteo la fiction più seguita di Raiuno che lascerà dopo 21 anni. Accende il sorriso di quando lo chiamavano Trinità e prosegue  “…sono tutti più buoni a Natale… però l’attenzione verso il prossimo deve durare tutto l’anno”.

una scena del film Continuavano a chiamarlo Trinità

Proprio come fa lui, il poliziotto superpiù, che sa regalare serenità e il tempo dell’ascolto a chi incontra. Una mission spirituale che vale più di grandi donazioni perché l’attenzione verso l’uomo della storia accanto è una moneta rarissima, quasi introvabile. Terence sa donarla anche sul set con i suoi colleghi che vedono in lui la persona con la quale sfogarsi, raccontare, confidarsi a un amen dalla confessione.

E quindi non poteva che essere affidata a Terence la tonaca sdrucita di don Matteo il prete-detective che cerca i colpevoli per regalare loro la speranza nella giustizia divina prima che in quella legale “…dimostrare che anche nel peggiore dei criminali c’è del buono è un gesto di carità cristiana…”.

Il ruolo del parroco di Gubbio e poi di Spoleto che sa sempre porgere l’altra guancia non è solo una recita ma rispecchia la sua fede profonda. “Ancora più profonda perché ritrovata grazie a mia moglie – ammette riconoscendo il merito a Lori con la quale è sposato da 54 anni.

Terence Hill con la moglie Lory Zwicklbauer

Molto riservato sulle sue faccende private, più del segreto confessionale di don Matteo, lo è ancora di più sui gesti di beneficenza che compie quotidianamente. Siccome non c’è due senza quattro qualcosa riesce comunque a trapelare. Come, per esempio, devolvere l’incasso della proiezione in anteprima a Gubbio del film Il mio nome è Thomas “…bisogna preoccuparsi degli invisibili come chiede Papa Francesco”.

Quando si devono aiutare gli ultimi Terence non si ferma a fare pari e dispari con la sorte e mette a disposizione anche il patrimonio genetico che l’ha reso popolare come i suoi magnetici occhi azzurro-cielo prestandoli a un pittore per un ritratto da battere all’asta a favore della Croce Rossa, dell’istituto Spallanzani e di Emergency “…sono impegnati tutti i giorni nella lotta al Covid”.

Il suo sguardo di ghiaccio si scioglie davanti ai bambini ungheresi che soffrono, così ha offerto la mitica dung buggy rossa e gialla del film Altrimenti ci arrabbiamo a un’asta benefica “…un aiuto ai piccoli pazienti dell’ospedale pediatrico Pàl Heim di Budapest”.

E’ proprio vero, se non sei nato con la camicia e incontri Terence sai che chi trova un amico trova un tesoro. E scopri di essere a un passo dal cielo. Praticamente in paradiso.

la dung buggy rossa e gialla del film Altrimenti ci arrabbiamo
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