di Francesca Radaelli
“Casa è da dove uno inizia”, scriveva il poeta T.S.Eliot. E proprio il diritto ad avere una casa, un luogo da cui partire e a cui tornare è oggi uno dei problemi più controversi a cui le amministrazioni comunali si trovano a dover far fronte, in Brianza e non solo. Se ne è parlato sabato 16 marzo al convegno organizzato da Caritas e San Vincenzo di Monza presso l’auditorium Sacro Cuore della parrocchia Monza Triante e moderato da Fabrizio Annaro. Il titolo della mattinata, ‘Appartarsi o appartenersi’, ha indicato sin dall’inizio un approccio al problema che ha voluto andare oltre le sole problematiche di gestione amministrativa degli alloggi, toccando anche la questione del significato che può assumere nel panorama sociale di oggi il termine ‘abitare’. Lo ha chiarito sin da subito don Stefano Buttinoni della Caritas Monza che, in apertura del convegno, ha voluto lanciare una provocazione: “L’obiettivo sembra oggi quello di arrivare all’autonomia a tutti i costi – e non solo per quanto riguarda l’abitare – ma davvero è questa la strada giusta? Davvero l’uomo vive bene nell’autonomia, davvero è questo il nostro ideale? Credo invece che debba nascere una cultura nuova dell’abitare. Una cultura che parta proprio dall’esempio di Cristo e dei suoi discepoli: una vita fondata non tanto sull’essere autonomi ma piuttosto sulle relazioni tra persone”.
Il complesso volto della povertà
La difficoltà di accedere a una casa per via della mancanza di mezzi economici è oggi un problema che coinvolge un’ampia platea di persone, in ulteriore aumento per via della recente crisi economica, e che spesso affonda le sue radici in percorsi di indebitamento.
A ricordare l’importanza e l’incidenza -anche sulla spesa pubblica in termini di welfare- di questa problematica è stato il primo relatore della mattinata è stato Antonio Colzani della Fondazione San Bernardino, che nata nel 2004 in seno alla Caritas Ambrosiana con l’obiettivo di affiancare proprio quelle persone intrappolate in situazioni di indebitamento, scongiurando il ricorso all’usura: “Non facciamo beneficienza, ma attraverso convenzioni con le banche siamo in grado di proporre forme di finanziamento agevolate anche a persone che altrimenti non potrebbero accedere ai servizi bancari”. Antonio Colzani ha ricordato anche le cause di questa piaga sociale che colpisce sempre più famiglie. “Innanzitutto permane sempre il sovra indebitamento classico, causato dall’adesione a troppe forme di finanziamento nei propri acquisti. Recentemente sono inoltre esplosi anche altri tipi di ‘emergenze finanziarie’, spesso legate alla piaga del gioco d’azzardo. Senza trascurare poi l’indebitamento derivante proprio dai finanziamenti per la casa. Il problema di fondo spesso è una scarsa conoscenza degli elementi di base della cultura finanziaria, che rende le persone facilmente influenzabili dai messaggi pubblicitari.” A queste persone la fondazione offre la possibilità di ‘rimettersi in carreggiata’: la casa può rappresentare senza dubbio un punto da cui ripartire.
Il diritto alla casa: una questione problematica
A una domanda di casa in aumento fa da contraltare però un’offerta di alloggi carente, in termini di disponibilità delle amministrazioni comunali e di mercato degli affitti. A tracciare un quadro – poco confortante – della situazione è stato, durante la tavola rotonda, l’assessore ai Lavori pubblici e alla Casa del Comune di Milano Gabriele Rabaiotti che ha parlato di un’offerta immobiliare immobilizzata, della difficoltà di affittare a canoni calmierabili seconde case su cui il proprietario continua a pagare l’Imu, ma anche di quella di far uscire le persone dagli alloggi comunali una volta scaduto il contratto di locazione: “Dovrebbe vincere il bisogno, non il fatto che una persona risiede lì da più tempo”, ha detto Rabaiotti. “La casa dev’essere un servizio dato dall’amministrazione comunale ai cittadini che ne hanno bisogno, ci dovrebbe essere una turnazione giusta. Non è possibile che una famiglia di due persone, dopo l’uscita dal nucleo familiare dei figli, continui ad occupare un appartamento comunale in cui potrebbero entrare otto persone. Il problema”, ha aggiunto, “è che questi discorsi sono impopolari, il paradosso è che la scelta giusta diventa impopolare.”
Sul tema dal pubblico in sala arrivano numerose sollecitazioni: da un lato i proprietari di case sono sempre più selettivi nella scelta di persone a cui affittare – per esempio non si affitta agli stranieri, che spesso non riescono ad accedere neanche alle agenzie immobiliari e per i quali diventa necessario cercare altre soluzioni, dall’altro i proprietari, sentendosi poco tutelati, spesso non mettono nemmeno sul mercato case di proprietà che invece sarebbero affittabili.
Da sinistra: Daniele Restelli, Gabriele Rabaiotti, Laura Varisco
Housing sociale e solidale: qualcuno dà il buon esempio
Eppure qualcuno che prova a inventarsi qualcosa c’è. Lo stesso comune di Milano ha dato il via a una serie di progetti innovativi in termini di housing sociale, portando, attraverso il PGT, l’edilizia popolare dentro lo standard urbanistico (“considerandola così come un servizio pubblico a tutti gli effetti, come le scuole elementari”, spiega Rabaiotti) ma anche offrendo per esempio la possibilità a realtà del terzo settore di gestire, previa gara, una serie di appartamenti del comune affittandoli a canone concordato dietro avviso pubblico. Lo stesso comune ha investito 100 milioni di euro per rimettere a norma, in tre anni, tremila appartamenti, e promuove l’affitto a canone concordato attraverso l’agenzia Milano Abitare
Altro esperimento virtuoso a livello amministrativo è il condominio solidale di Cernusco sul Naviglio che, come ha raccontato il vice sindaco Daniele Restelli, è nato da una scelta precisa del Comune, che ha deciso di destinare questo immobile, di 16 alloggi, a un progetto di welfare generativo sviluppato in collaborazione con realtà del terzo settore: “Abbiamo così potuto creare all’interno del condominio una palestra per l’autonomia delle persone disabili, una serie di alloggi destinati a progetti abitativi di tipo temporaneo e anche un centro diurno per ragazzi delle scuole medie. L’obiettivo era creare un luogo aperto, anche a persone esterne, un luogo di condivisione, in grado di generare risorse per la città è i comuni limitrofi. E l’input è venuto proprio dalla politica: il desiderio di progettare un intervento diverso ha spinto l’amministrazione comunale a interpellare gli enti che hanno partecipato al progetto”.
Altro esempio positivo è il modello presentato da Andrea Colombi della cooperativa La Cordata, impegnata in progetti di housing sociale nel Rhodense, che coinvolgono 45 appartamenti in nove comuni del territorio: “L’obiettivo è creare una rete in grado di affrontare l’emergenza abitativa, gestendo la casa come un servizio, attraverso figure che si occupano dei diversi aspetti – dall’edificio ai contratti all’orientamento abitativo della persona- e anche attraverso una vera e propria agenzia dell’abitare rivolta sia a inquilini sia a proprietari”.
Anche sul territorio di Monza del resto sono attivi diversi progetti in collaborazione con il Terzo Settore. L’assessore alle Politiche Sociali Desirée Chiara Merlini, presente in rappresentanza dell’amministrazione comunale insieme a Pierfranco Maffè, oltre all’annuncio di nuovi investimenti comunali (con il sostegno della regione) per interventi di manutenzione volti a recuperare 45 nuovi appartamenti, ha citato il progetto Riscatti, volto all’inclusione dei soggetti più fragili all’interno delle case ‘popolari’. Del progetto Kairos, che affronta in modo globale le emergenze di Lavoro, Casa e Reddito hanno parlato Marco Troiano, sindaco di Brugherio, e Laura Varisco, assessore alle Politiche Sociali di Villasanta, in rappresentanza dei due comuni coinvolti insieme a Monza nel progetto.
“Occorre promuovere la collaborazione con le associazioni del Terzo Settore che si occupano di housing, perché i comuni da soli non riescono ad affrontare tutti gli aspetti dell’emergenza casa”, ha sottolineato Marco Troiano. “C’è una ‘fascia grigia’ di persone che non hanno i requisiti per accedere ai servizi comunali, e inoltre i tempi della pubblica amministrazione sono spesso troppo lunghi: occorre non solo appoggiarsi all’aiuto prezioso delle associazioni ma anche puntare a un maggiore coinvolgimento delle comunità di cittadini”.
L’azione di Monza Ospitalità
Organizzatore e promotore dell’incontro è stata, del resto, una realtà nata proprio con l’obiettivo di affiancare le amministrazione nella gestione di questa problematica. Si tratta di Monza Ospitalità, associazione di volontari nata per volontà di Caritas Monza e San Vincenzo De Paoli che quest’anno compie 20 anni e che propone contratti di affitto a prezzi calmierati sia di propri immobili sia di case ‘affittate’ da altri proprietari, a cui l’associazione offre importanti garanzie, intestando i contratti a proprio nome. Con questo sistema oggi l’associazione gestisce una trentina di alloggi sui territori di Monza e Brugherio: “Dal 2015 ai tutor volontari affianchiamo anche le figure, stipendiate, degli educatori, che seguono gli inquilini in un percorso strutturato”, spiega Gian Franco Ronchi. “In questo modo poniamo attenzione anche sull’aspetto umano, dialogando con le persone a cui offriamo i nostri servizi”. “L’azione della San Vincenzo è stata fondamentale pe la buona riuscita dei progetti che abbiamo realizzato nel comune di Villasanta”, ha sottolineato da parte sua Laura Varisco.
Da parte sua, il presidente della San Vincenzo Piergiovanni Bellomi ha voluto rimarcare l’impegno decisivo dei volontari che danno corpo alle iniziative dell’associazione: “Senza l’azione dei volontari tanti progetti di riscatto non avrebbero potuto partire, l’applauso va fatto a loro.”
Per garantire che la casa sia davvero un diritto di ognuno è dunque necessaria la collaborazione di tutti, dall’amministrazione pubblica, alle associazioni del terzo settore chiamate a mettersi in rete, fino ai singoli cittadini, siano essi proprietari di immobili o inquilini che usufruiscono di un ‘servizio’ ma che sono anche chiamati ai loro doveri. È questo il messaggio che esce da una mattinata ricca di spunti e di dialogo che ha dimostrato una volta di più che la casa e il diritto all’abitare non possono essere solo una ‘questione privata’, ma devono coinvolgere la vita dei cittadini nella loro dimensione comunitaria. Come vogliamo abitare la città: è questa in fondo la vera sfida.