Il disegno, l’indagine della forma, l’osservazione della natura restituita dal segno grafico. E’ questa la chiave di lettura per scoprire la complessità del genio di Vinci (1452 -1519) come dimostra la bellissima rassegna di Palazzo Reale di Milano, rassegna clou delle manifestazioni culturali legate ad Expo.
E’ la più grande e importante esposizione a lui mai dedicata sul suolo italiano. Un record già questo. A cui aggiungere la serietà e la fama internazionale dei due curatori, Pietro C. Marani e Maria Teresa Fiorio, che per cinque anni hanno lavorato attorno al progetto tra difficoltà di ogni tipo. Ciò nonostante sono riusciti a realizzare un’opera encomiabile.
Il disegno, dicevamo, in Leonardo è centrale: per il maestro toscano è un momento speculativo per elaborare le proprie idee. Ce ne sono 118 di disegni autografi, tra cui alcuni preziosissimi, provenienti dalle maggiori raccolte come quella personale di Sua Maestà la Regina Elisabetta II e la Biblioteca Ambrosiana.
Il disegno di un paesaggio, firmato il 5 agosto 1473 e quello in età avanzata della serie dei diluvi (1517-1518), rispettivamente all’inizio e alla fine del percorso espositiv,o illuminano sull’enorme cammino intercorso tra la sua visione giovanile del mondo e la maturità. Il giovane Leonardo mostra una totale fiducia nella natura, il Leonardo maturo, cinquanta anni dopo circa, ha un approccio catastrofico del mondo e delle cose.
“Siccome ogni regno in se’ diviso è disfatto, così ogni ingegno diviso in diversi studi si confonde e si indebolisce” scrive lui stesso.E questo racconta la mostra ripercorrendo tutta la sua storia: da apprendista alla bottega di uno dei più importanti artisti della Firenze rinascimentale, Andrea del Verrocchio, dal 1462 al 1472, passando attraverso tutte le tappe del suo pensiero:l’interesse per la natura,la curiosità per l’anatomia umana, la fisionomica come corrispondenza tra sentire ed essere e dunque i “moti dell’anima”, la lezione del mondo antico, il bisogno di sognare e immaginare macchine capaci di dominare la natura stessa,l’indagine sulla meccanica delle cose, il rapporto con il divino.
Divisa in 12 sezioni, la rassegna ci spiega tutto questo e va oltre. L’ultima sezione è dedicata all’eredità del Maestro, al lavoro dei discepoli e al mito legato alla sua figura. Ma la mostra di Palazzo Reale non ha nulla di agiografico, si basa sul massimo rigore scientifico e riesce benissimo nell’intento divulgativo.
Chiari e semplici i pannelli esplicativi commentano le opere straordinarie in mostra. Di Leonardo, eccezionale il prestito dall’Accademia di Venezia cioè l’Uomo Vitruviano, la Madonna Dreyfus dalla National Gallery of Art di Washington, tre capolavori dal Louvre, la Belle Ferronière, la Piccola Annunciazione, il San Giovanni Battista, il San Girolamo dalla Pinacoteca Vaticana, la Scapiliata dalla Galleria Nazionale di Parma.
E poi ci sono tavole, disegni, sculture dei suoi contemporanei, alcuni molto belli, firmati da Maestri quali Antonello da Messina, Sandro Botticelli, il Ghirlandaio, Filippino Lippi, il suo maestro Verrocchio.
Ancora, per chi ama i numeri, la rassegna milanese è costata 4,5 milioni di euro, di cui 3,5 milioni forniti da Skira (encomiabile) e un milione di euro da altri sponsor (SNAM e Bank of America Merrill Lynch) .
A chi si è meravigliato per il mancato arrivo della Gioconda o della Dama con l’Ermellino o di una delle due versioni della Vergine della Rocce, diciamo che alcuni capolavori sono intrasportabili (Monna Lisa), o non sono stati prestati perché rappresentano il “tesoro” del museo, per cui sono “imprestabili”.
Daniela Annaro