di Daniela Annaro – Foto e video di Giovanna Monguzzi e Stefania Sangalli
Duomo deriva dal latino domus che vuol dire casa. Il Duomo (come tutte le chiese) è la casa di Dio e del suo popolo.
Così si legge sul pieghevole di benvenuto entrando nel più importante tempio della città. Ed è con questo spirito che ci accingiamo a visitare il Duomo di Monza, convinti che lì dentro troveremo tesori artistici degni di un edificio religioso così rilevante. Non a caso, il Duomo è consacrato a San Giovanni Battista, precursore del Cristo, ultimo profeta e primo apostolo di Gesù. Una storia all’insegna della “regalità” quella che si vive attraverso i dipinti, i bassorilievi, gli affreschi, le tavole, le sculture. Regalità nella fede e regalità terrena.
E proprio da una principessa che prende avvio la storia dell’edificio religioso. Teodolinda è una principessa cattolica nata in Bavaria, moglie di re longobardi e a sua volta Regina fino alla maggiore età del figlio Adaloaldo. E’ lei a cambiare il corso della storia di Monza che con lei diventa capitale estiva del Regno Longobardo. Il suo palazzo si dota di una cappella palatina dedicata appunto a San Giovanni, santo molto amato da quel popolo. Tutto questo avviene nel VI d.C.
Teodolinda lascia una preziosa eredità a Monza, un tesoro: in Duomo nella cappella a lei dedicata affrescata dalla famiglia degli Zavattari (1440-46) in un tabernacolo è conservata la Corona Ferrea, uno dei più importanti manufatti di oreficeria, ricco di densi significati storici: il suo interno si troverebbe un chiodo della Crocifissione di Cristo. E’ Sant’Ambrogio ad affermarlo e questo spiega la devozione e il culto popolare e regale che ha avuto nel corso dei secoli. Da Carlo Magno a Napoleone Bonaparte, la Corona Ferrea ha cinto le teste di imperatori e re. Un culto raccontato in tanti capolavori: Santa Croce, Sacro Chiodo e Corona, nonché ovviamente l’immagine di San Giovanni, rappresentano una sorta di motivo conduttore per gli artisti chiamati a lavorare a Monza nel corso del tempo, a partire dall’ampliamento della chiesa avvenuto nel 1350.
Sono i Visconti a volere ampliare la chiesa di Teodolinda: era a tre navate, a croce latina, semplice e “francescana”, diventa per opera di Matteo da Campione, (1335-1396), architetto e scultore, molto più solenne con l’aggiunta di tre cappelle laterali e di due absidali e , a quel punto, viene rivista l’intera facciata. L’ambone – cioè il pulpito – è una sua opera. Dal 1700 è utilizzato come cantoria dell’organo. E’ qui che il nostro obiettivo incontra Monsignor Silvano Provasi, arciprete di Monza, custode dei tesori artistici, ma soprattutto curatore delle anime che frequentano la basilica.
E’ in questa duplice veste che ci spiega i significati di un altro capolavoro l’Albero di Jesse, meglio noto come Albero della Vita di Giuseppe Arcimboldi, (in collaborazione con Giuseppe Meda). Siamo nel 1556. L’affresco occupa l’intera parete del transetto destro. La croce è interpretata come se fosse un albero alla cui base c’è Adamo seduto, mentre sui rami siedono i re di Giudea e ai piedi dell’albero Maria e San Giovanni.
Giuseppe Arcimboldi non è l’unico famoso artista che lavora in Duomo. Tra il XVI e il XVII, sotto la spinta di San Carlo Borromeo avvengono trasformazioni e ampliamenti. E’ proprio San Carlo a chiamare Pellegrino Tibaldi per la costruzione del Campanile. Cardinali e regnanti milanesi commissionano interi cicli di affreschi nel gusto del tempo: rococò e barocco prendono forma sulle pareti della basilica. Giovanni Angelo Borroni realizza il Battesimo di Adaloardo, il figlio di Teodolinda. E’ il 1752. Una ventina di anni dopo, il direttore e maestro di Brera, Andrea Appiani – il pittore del secolo secondo Giovanni Berchet – progetta e realizza il neoclassico altare Maggiore nel 1792. Nel XIX, nel 1890, un altro grande dell’architettura interviene in Duomo: è Luca Beltrami che risistema la facciata con lastre di marmo verde. Nomi che hanno fatto la storia dell’arte e dell’architettura italiana e che hanno contribuito a rendere unico e prezioso il Duomo monzese.
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