di Vladislav Karaneuski
Uno dei luoghi più belli e più caratteristici della Lombardia è sicuramente il lago di Como o Lario, che dir si voglia. Si estende per 146 chilometri quadrati dalle Alpi Retiche fino al margine della fascia collinare e presenta, nella sua planimetria, una forma ad Y rovesciata. Ogni segmento di questa Y rappresenta un ramo del lago. Quello settentrionale, che si incunea nella zona alpina, è detto ramo o lago di Colico, oppure alto lago; quello destro, che presenta versanti scoscesi, a strapiombo, è definito lago di Lecco; quello sinistro invece, che si snoda a budello tra ripidi versanti, è il ramo o lago di Como.
Il clima della regione lariana è variegato. Tendenzialmente si può dire sia per lo più temperato e piovoso, e rientra di fatto nel gruppo dei climi suboceanici. Ma questo clima diventa sempre più rigido, man mano che si sale di quota. Infatti, la fascia montana che occupa le zone superiori agli 800 – 1000 metri ha mediamente temperature annue inferiori ai 10 gradi, 2 gradi in meno rispetto all’ampia zona che si affaccia sulle sponde del lago. Inoltre, vi è pure una fascia boreale sub-alpina, la fascia presente oltre i 1500 – 1800 metri, dove il clima è molto più rigido, ma pur sempre temperato. Il clima è mitigato anche dai cosiddetti ”regimi di brezza”, con la ben nota Breva, la brezza mattutina, che si muove dalle valli alla sommità dei rilievi e il Tivano, una brezza notturna. Un clima che si può dire molto favorevole per ospitare una vasta tipologia vegetazionale e faunistica.
Difatti la prima tipologia vede una flora varia e rigogliosa, di tipo mediterraneo, caratterizzata dalla presenza di cipressi, piante d’alloro, agrifogli, camelie, azalee, rododendri, magnolie e palme soprattutto, ma anche uliveti e castagneti, che vi sono stati introdotti nell’epoca medievale carat
terizzandone profondamente il paesaggio. Numerose poi sono le specie ittiche, tipiche dell’ambiente lacustre, come trota, luccio, carpa e persico. Altrettanto numerosi sono anche gli uccelli, come il germano reale, beccaccino, il cigno, il gabbiano, l’airone e il cormorano.
Ma questo paesaggio, che sfuma progressivamente da un paesaggio lacustre a uno montano, è stato anche oggetto di letteratura. Tanti i romanzieri che ambientarono le loro opere sulle sponde del Lario, rendendolo protagonista implicito delle vicende più disparate, e tanti i poeti, che nella sua contemplazione trassero rime rimaste indelebili nella storia della letteratura.
Uno fra tutti è proprio Alessandro Manzoni, che vide nel paesaggio lecchese un palcoscenico perfetto per mettere in scena le vicissitudini di Renzo e Lucia, che secondo alcuni studi, nell’immaginario manzoniano, si svolsero a Olate, che allora era un piccolo borgo, oggi parte della città di Lecco. Ma ciò che è davvero interessante è il legame tra la cittadella e le vicende del romanzo. Questa costruzione topografica discontinua, questa riduzione spaziale progressiva, delle strade che diventano viottoli, del generale che passa a particolare, sembra rientrare perfettamente in una volontà di interiorizzazione del paesaggio, quasi si volesse spiegare lo squilibrio emotivo dei personaggi causato dalle vicende con l’angustia di una via. E l’autore ci invita fin dall’inizio del romanzo a respirare attraverso le righe l’aria agitata del Lario, difatti una delle prime immagini presentataci è la passeggiata di Don Abbondio, dove la descrizione del paesaggio, volta a pitturare in modo assai nitido e chiaro l’ambiente circostante nella mente del lettore, ci fa quasi dimenticare il personaggio centrale dell’episodio.
Il Lario nell’800 fu anche una tappa obbligata del famoso ”Gran Tour”, che portò sulla penisola italiana un gran numero di intellettuali e giovani borghesi europei. Tra questi, Marie-Henry Beyle, noto come Stendhal, che rimase talmente affascinato dall’ambiente lacustre di Como da volerlo usare in uno dei suoi romanzi più noti, la Certosa di Parma. Nell’intento di presentare la regione lariana, Stendhal ne fa una descrizione sublime, di un luogo a suo dire edenico, perfetto, capace di suscitare forti emozioni in colui che decide di contemplarlo.
Un altro romanziere francese di grande fama a sostare sulle sponde lariane sarà Flaubert, il quale rimase particolarmente affascinato dalla copia della statua di Amore e Psiche del Canova, esposta a Villa Carlotta a Tremezzo, costruita dalla famiglia Clerici a fine ‘600, ristrutturata dai Sommariva nel corso dell’800.
E sempre a Tremezzo, Giuseppe Parini verrà impiegato come precettore dalla famiglia Serbelloni. Si dice addirittura che proprio nelle magnifiche sale della villa dei Serbelloni sia maturata la volontà dell’autore di scrivere il suo famoso poemetto Il Giorno, una rappresentazione ironica della decadenza dell’aristocrazia del suo tempo.
La dolcezza dei pendii scoscesi e la piacevolezza delle forme del paesaggio non potevano non suscitare interesse anche da parte dei romantici. Goethe soggiornerà spesso a Como e la descriverà come luogo perfetto per la contemplazione. Un altro romantico, questa volta italiano, è Foscolo. Addirittura, si può ammirare un suo busto situato nei giardini di Villa del Grumello, a pochi passi dalla celebre Villa Olmo.
Ma si può andare ancora più lontano per ritrovare tracce dell’influsso dell’ambiente lariano nella letteratura, fino in Russia. Infatti Tolstoy, nella novella ”il vampiro”, ascrivibile al genere gotico, racconta di un viaggio del giovanissimo zar Alessandro II a Como, facendone una lunga descrizione. La novella sembra tra l’altro assumere un sapore quasi autobiografico, nella perfezione della descrizione.
Insomma, il Lario è un luogo che merita di essere visitato, se non vissuto, e si trova non molto lontano dalla nostra città. Una bellezza che ha avuto una storia molto ricca e che pare voler ancora sorprenderci, stupirci, rapirci. E getteremo ancora tanto inchiostro per quelle sponde perfette perchè, con la loro dolcezza, sembrano voler spiegare un qualcosa di sovrumano.