di Daniela Zanuso
Il Misantropo è un capolavoro di Molière che sembra sia stato scritto ieri. Sì, perché la sua attualità è sorprendente se si pensa che Molière è vissuto quasi quattro secoli fa. Andata in scena al Teatro Manzoni lo scorso fine settimana, con l’interpretazione di due attori talentuosi, Giulio Scarpati e Valeria Solarino, questa pièce teatrale ci ha regalato uno spaccato di incredibile modernità. E ci racconta che i meccanismi del comportamento umano si ripetono sempre uguali e non cambiano nemmeno in condizioni culturali, sociali, politiche diverse.
Il Misantropo è una commedia amara che narra di Alceste, un idealista intransigente, sincero fino ad essere sgradevole e incapace di accettare l’ipocrisia che regola i rapporti tra le persone nella buona società. Inflessibile nella sua scelta di dire sempre quello che pensa, insofferente a chi si comporta falsamente per interesse, Alceste disprezza quasi tutta l’umanità. Ma, nonostante il suo rigore, vive la grande contraddizione di essere follemente innamorato di Celimene, la sua antitesi perfetta. Bella, civettuola e seducente, Celimene vive in perfetta sintonia con la società aristocratica francese, un po’ mondana, molto frivola e molto ipocrita. Forse per insicurezza o per smania di piacere a tutti, è un po’ troppo lusinghiera nei confronti dei tanti spasimanti e usa la finzione come stile di vita.
Ad Alceste poco servono i consigli del suo buon amico Filinte che tenta di spiegargli come a volte qualche mancata verità non sia altro che un tentativo di adattamento ad un mondo fittizio e che spesso “convien dissimulare quel che si ha nel cuore”.
Intorno a loro un turbinio di personaggi corrotti, bugiardi, asserviti al potere e tutti, chi più chi meno, in cerca di favori e di protezione.
Totalmente incapace di compromessi anche a rischio di perdere ogni possibile protezione, il protagonista tenterà invano di convincere l’amata a rinunciare a quella vita di finzione per amore di lui. Il suo amore è assoluto e lui a sua volta pretende che sia assoluto anche quello di lei. Le propone una vita isolata dal resto di quel mondo che lui non sopporta più. Una richiesta esagerata che Celimene rifiuterà perché incapace di rinunciare al mondo prima di esser vecchia.
Alceste è un perdente: i vincitori sono i corrotti e gli stolti. A lui non rimarrà che andarsene solo per la sua strada, lontano da quella società che lui rifiuta e dalla quale è rifiutato.