di Daniela Annaro
Diciannove opere su trentacinque: è quanto propone la mostra milanese a Palazzo Reale. Quasi la metà del “corpus” di uno dei più raffinati e seducenti pittori del quattrocento italiano: Antonello da Messina.
Come per molti altri grandi artisti del passato, restano poche lavori sopravvissuti a eventi naturali e all’incuria degli uomini. Come poche e incerte sono le notizie sulla sua vita. A partire dalla nascita, tra il 1425 e il 1430 a Messina, città che gli dà i natali e dove torna per morire nel 1479.

Sappiamo che ha viaggiato molto: Napoli, Roma, Venezia, le Marche. Con grande duttilità e apertura, in ogni luogo ha saputo cogliere il meglio. Per esempio a Napoli, visitando le collezioni del re Alfonso I d’Aragona, ha ammirato e fatta propria la lezione dell’arte fiamminga sulla pittura a olio e sulle tempere grasse. Un mix di conoscenza e tecnica che applica alle sue tavole in tutti i generi in cui si cimenta. Ma è il ritratto, quello che lo rende unico: volti posti di tre quarti e non più di profilo come voleva la tradizione. Sguardi magnetici, in alcuni casi beffardi come nel Ritratto d’ignoto marinaio (1470), gesti sospesi come nell’Annunciata (1475) di Palazzo Abatellis a Palermo.

Un grande siciliano come Leonardo Sciascia scriveva:
Antonello, dunque: e il suo essere siciliano, come personaggio e come artista; come uomo insomma la cui vita, la cui visione della vita, il cui modo di esprimere nell’arte la vita, sono irreversibilmente condizionati dai luoghi dagli ambienti dalle persone tra cui si trova a nascere e a passare l’infanzia, l’adolescenza.
Un artista del suo tempo e della sua terra, che qui a Milano ( dopo la mostra di Palermo) viene proposto anche attraverso gli appunti e i disegni di Giovan Battista Cavalcaselle,(1819- 1897), scrittore e storico dell’arte, che redasse il primo catalogo completo delle opere di Antonello da Messina.
Fino al 2 Giugno 2019 la mostra rimarrà aperta a Palazzo Reale, al momento ci sono oltre dodicimila prenotazioni.