Illusione di bottega

orologio-tavolo

di Claudia Terragni

Secondo l’Agenzia Nazionale del Turismo, solo nel 2014 si contano quasi 10 milioni di turisti stranieri presenti in Emilia Romagna. Il fascino grottesco delle città che costellano le colline italiane non conoscono confini.  È facile perdersi a fantasticare tra i vicoli del centro storico di una città come Reggio Emilia. Quasi banale immaginare di inciampare per caso in un piccolo negozio di un vecchio orologiaio.

Una bottega straripante di artefatti ingegnosi: ingranaggi, pinzette, cacciaviti, lenti di ingrandimento sparsi sul banco. Le pareti adornate da orologi a pendolo e a cucù. Sveglie, parigine, orologi da polso e da tasca disseminati in questo affascinante luogo fuori dal tempo (che ipocrisia!). Varcando la soglia suona una campanella e pare di entrare in una dimensione altra. Un antro nascosto, uno spazio recondito  dove segreti secolari vengono tramandati. Dove la sacra arte dello scandire la vita regna sovrana e audaci maestri creano piccoli inestimabili tesori. Abili artigiani, eredi dei valori dell’Umanesimo che loda le capacità dell’uomo: di un essere che pensa e che produce, dal possente fabbro che forgia spade nel fuoco ardente all’orefice che lascia danzare le sue abili dita in nuovi gioielli sottili.

Emil ha lavorato in questo negozio. Scompigliato fuori sede emiliano, aspirante psicologo padovano, da qualche anno dà una mano al nonno orologiaio nella bottega di Reggio. Mi racconta con orgoglio del suo lavoro e di quanto gli abbia insegnato.

Tutto è iniziato per mettere da parte qualche soldo, per essere più indipendente, anche se la prospettiva di rinunciare ai divertenti pomeriggi estivi spesi in compagnia non era molto accattivante. In realtà l’attività di orologiaio si è rivelata essere molto più di un banale lavoretto estivo. “Vanno via tutti i pensieri: ti concentri sul lavoro, è uno sforzo fisico non da poco.” Tutto sta nella pazienza. Ogni cosa deve essere al suo posto, se anche il più piccolo perno non sta nella sua sede, tutto salta.

Ogni minino ingranaggio deve incastrarsi e funzionare alla perfezione o l’intero meccanismo si rompe. Si possono passare ore e ore sulla stessa imperfezione millimetrica. “Ma così è, lo devi accettare”. Si impara anche a riconoscere i propri limiti e chiedere l’aiuto delle dita più esperte del nonno. Un uomo silenzioso, per nulla espansivo, ex batterista di professione.

L’unico regalo che ha mai fatto a Emil è stato un pupazzo comprato in autogrill, un giorno come un altro. È un uomo che è un po’ come un orologio: dietro la facciata nasconde un meccanismo molto più complesso di ciò che appare. Con lui le giornate volano in fretta, insieme alla musica jazz, il Tutto sport sempre sul bancone, gli anziani clienti affezionati e gli appassionati.

Ma che ore sono in un’orologeria? Quale quadrante tra i mille segna l’ora esatta? Immersi in un’orchestra di ticchettii e rintocchi, quale si deve ascoltare per comprendere la sinfonia?

Sentirsi rispondere da un orologiaio come Emil che il tempo è solo un’illusione è destabilizzante.

“Quando seguo con gli occhi sul quadrante di un orologio il movimento della lancetta che corrisponde alle oscillazioni del pendolo, non misuro la durata, come potrebbe sembrare “ scriveva Bergson. Secondo il filosofo francese, siamo noi, con la nostra coscienza, a collegare le singole posizioni contingenti delle lancette. È l’uomo che le mette una dopo l’altra, ordinandole in successione, in una prospettiva lineare, in un tempo spazzializzato. Il tempo della scienza non esiste.

Non esiste quel tempo rassicurante, omogeneo, misurabile, formato da un’infinita serie di precisi momenti distinti, come le tessere del domino. Il dubbio filosofico tocca, come l’ingenuo ditino di un bambino, queste instabili tessere ordinate con cura da secoli di ricerche. Il pensiero critico, che  non si accontenta dell’abitudine e delle rassicurazioni degli scienziati, fa crollare tutto il costrutto.

Torna il caos sul pavimento della stanza. Niente più sequenze ordinate ma maestosi e imprevedibili disegni di tessere bianche e nere cadute sulle piastrelle. E il disordine contagia anche la fisica e le scienze esatte: “non c’è più spazio che <<contiene>> il mondo e non c’è più tempo <<lungo il quale>> avvengono gli eventi. Ci sono solo processi elementari dove quanti di spazio e materia interagiscono tra loro in continuazione. L’illusione dello spazio e del tempo continui è la visione sfocata di questo fitto pullulare di processi elementari” scrive Carlo Rovelli in “Sette brevi lezioni di fisica”.

Il tempo è una convenzione, un accordo umano che permette di vivere con altri. Se il treno partisse quando sono le otto secondo la coscienza del macchinista, Trenitalia dovrebbe gestire molti più ritardi e lamentele di quanto già non faccia! Però se ci si vede alle sei per uno Spritz, puoi star certo che non si arriverà mai tutti davanti al bar in contemporanea. Perché il tempo non è durata: il tempo della vita cambia, si concretizza in migliaia di esistenze diverse, nell’ idiosincrasia di ognuno.

Questo l’ha imparato Emil, artigiano di essenze perfette in un mondo che perfetto non è (e che sicuramente allo Spritz non arriva alle sei!).

 

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