di Enzo Biffi
Ogni buon poliziotto ne conosce, tanto l’importanza quanto la fatica nel trovarne. Sono gli indizi. Sono dettagli, piccole tracce, sintomi da decifrare, segni in apparenza banali, ma che portano in seno un potere particolare. Hanno la dote di ribaltare le apparenze; smontano le evidenze, minano i pregiudizi e, prima di fornire una tesi, costringono ad osservare con occhi limpidi e pensieri aperti. Ne segue spesso antitesi ed eresia. La lettura di ogni scena del crimine che si rispetti, da Agatha Christie alle torri gemelle, passa attraverso l’attenta messa in ordine degli indizi.
Sono i due piccoli buchi di manico sulla pentola vecchia che ce ne svelano il lato e il segreto, concavo o convesso. Sono i mattoni del Lego coi quali formi e sformi volumi sempre nuovi, mondi sempre diversi. Sono l’attimo di imbarazzo che tu solo cogli, e che palesa il carattere, di quella che sarà la donna della tua vita.
Indizi rivelatori, realtà da decifrare, verità da cercare. Per quanto mi prefiggo di fare non avrò bisogno di microscopio, Luminol o intercettazioni, piuttosto: naso da tartufi e occhi da cercatore di funghi. Intuito e fiuto di vento.
Dentro ogni avvenimento, celate in una vecchia foto, spente dalle accecanti luci della contemporaneità, stanno le verità nascoste. Confuse dalla banda stonata dei media , cerchiamo piccole note di meraviglia, gonfi di bulimici banchetti, rintracciamo briciole che saziano e ubriachi di pessimismo ci dissetiamo con gocce di speranza.
Ci provo con la volontà di un credo, con l’umiltà di una fede. È una prova; una sfida e una voglia, cercare ostinatamente fino a scovare, quanto di nobile esiste anche fra le pieghe dell’ignobile, convinto come sono, che nulla può essere solo inumano nell’agire umano.