di Roberto Dominici
Ogni volta è sempre la stessa storia che si verifica quando esplode una nuova infezione causata da un nuovo agente patogeno: paura e allarmismi spesso fondati su pregiudizi e ignoranza che nulla hanno di scientifico.
Ho perfino sentito che il virus sarebbe stato costruito in Laboratorio per scopi militari come arma biologica, una tesi complottista-cospirazionista degna di questo periodo saturo di fake news e post-truth. I virus sono delle macchine biologiche quasi perfette. Dico quasi in quanto il loro obiettivo, intrinseco alla loro stessa natura, è quello di replicarsi, per perpetuare la loro sopravvivenza e per farlo devono necessariamente infettare gli organismi ospiti intermedi o definitivi. Anche questo nuovo agente virale non fa eccezione.
Nel dicembre 2019, è stato identificato un gruppo di pazienti con polmonite da causa non nota il cui focolaio è stato collegato ad un mercato all’ingrosso di frutti di mare a Wuhan, in Cina capoluogo della provincia di Hubei, allargandosi in altre parti del paese e in oltre 20 paesi nel mondo.
Il nuovo betacoronavirus, scoperto attraverso l’uso del sequenziamento del genoma nei campioni provenienti da pazienti con polmonite, ha permesso di identificare la sequenza completa del genoma virale, ed è stato chiamato 2019-nCoV. Esso forma un gruppo all’interno del sottogenere sarbecovirus, sottofamiglia Orthocoronaviridae. Questo nuovo virus è pertanto diverso, anche se appartenente alla stessa famiglia dei coronavirus, come per esempio quelli responsabili della sindrome respiratoria del medio oriente cioè MERS-CoV e SARS-CoV.
Si tratta di virus individuati per la prima volta negli anni sessanta, i cui nome deriva dalla caratteristica forma “a corona” visibile al microscopio elettronico. I patogeni emergenti e riemergenti rappresentano una sfida globale per la sanità pubblica mondiale. I coronavirus sono virus RNA diffusi ampiamente tra gli esseri umani, altri mammiferi e uccelli e che causano malattie respiratorie, malattie enteriche, epatiche e neurologiche. Sono note sei specie di coronavirus, capaci di causare malattie umane.
Sono quattro i virus – HCoV 229E, OC43, NL63 e HKU1 endemici responsabili dal 10 al 30% delle infezioni del tratto respiratorio superiore negli adulti immunocompetenti. Questi microrganismi causano infezioni respiratorie sia negli esseri umani, sia negli animali (pipistrelli e cammelli). Alcuni coronavirus provocano banali raffreddori e lievi infezioni delle vie respiratorie, altri sono responsabili di disturbi polmonari gravi, come nel caso della SARS (polmonite infettiva che nel 2002 scoppiò in Cina, infettando ottomila persone e uccidendone quasi ottocento).
Per quanto riguarda i virus MERS-CoV e SARS-CoV. Il MERS CoV (acronimo di “Middle East Respiratory Syndrome Coronavirus) è la causa della sindrome respiratoria medio-orientale. Inizialmente chiamato N-CoV (New Corona Virus), questo agente virale è stato individuato per la prima volta il 24 settembre 2012, in Arabia Saudita. Quello della SARS il cui acronimo significa sindrome respiratoria severa acuta, è il virus responsabile di una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong (Canton) in Cina.
La malattia, è mortale in circa il 15% dei casi in cui ha completato il suo corso, con il tasso di letalità attuale di circa il 7% degli individui che hanno contratto l’infezione. I dati sulla letalità variano da paese a paese e in base alla fascia di età, ma con una mortalità media complessiva del circa 15%. Il coronavirus nCoV-2019 è un nuovo ceppo di coronavirus che non è stato precedentemente identificato nell’uomo, è il settimo membro della famiglia dei coronavirus che è in grado di infettare l’uomo.
In Cina la città di Wuhan è isolata con una sorveglianza rafforzata ed ulteriori indagini per chiarirne l’origine, finanziati dal Programma nazionale di ricerca e sviluppo del paese e del Grande progetto nazionale per il controllo e la prevenzione delle malattie infettive. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato quella del Coronavirus “Public Health Emergency of International Concern“, in gergo PHEIC.
Per chiarire, ci sono state altre PHEIC nel mondo di recente, e in questo momento ve ne è un’altra attiva: quella di Ebola in Repubblica Democratica del Congo. Non è la prima volta nella storia, quindi è bene evitare inutili allarmismi. Negli ultimi dieci anni sono state dichiarate altre cinque emergenze sanitarie di interesse internazionale, specifica l’OMS: H1N1 nel 2009 (influenza suina), poliomielite ed Ebola in Africa occidentale entrambe nel 2014, Zika nel 2016 e la già ricordata Ebola nella Repubblica Democratica del Congo nel 2019.
Il Direttore dell’OMS ha precisato che l’emergenza è stata dichiarata per supportare al meglio i paesi del mondo i cui sistemi sanitari sono più deboli, nel caso dovessero verificarsi dei casi. Non per l’Italia, insomma. I due casi della coppia cinese ricoverati allo Spallanzani di Roma (che si trovano in condizioni discrete) non fanno un’epidemia. Anzi, neanche 100 casi farebbero un’epidemia se si trattasse di casi importati che non hanno dato nessuna trasmissione. Si parlerebbe di introduzione ma non di contagio. Ogni anno in Italia arrivano tra 100 e 200 persone infette dai virus più strani: Dengue, Chikugunya, Zika. Tutti potenzialmente epidemici perché trasmessi da zanzare.
Come ha affermato Giovanni Maga, virologo dell’istituto di Genetica Molecolare del CNR, “a parte rarissimi casi di piccole catene di contagio (come per Chikungunya nel 2007 e 2017) non si è avuta nessuna epidemia, e nessuno si chiude in casa ogni estate per paura di contagiarsi”. Le procedure di contenimento, isolamento e tracciamento dei contatti sono scattate subito. Ovviamente il livello di allerta delle strutture sanitarie adesso è più alto, come è giusto che sia ciò significa voler mantenere da parte dei migliori virologi italiani e non, la guardia sempre alta.
Il significato della decisione presa dall’OMS sta nei poteri che consentono allo stesso ente, di coordinare le misure di precauzione nei paesi membri e di vincolare gli stessi all’obbligatorietà di condividere tutte le informazioni sull’andamento delle infezioni e di consultare l’OMS sulle azioni da intraprendere. Non significa che ci sarà una pandemia e tutti i dati indicano che il contagio richiede una vicinanza prolungata con la persona infetta: abitare insieme, stare seduti intorno allo stesso tavolo in un ufficio, stare seduti vicini in aereo per ore etc. L’infezione non è letale, nell’80% dei casi ha decorso benigno (cioè si guarisce) senza particolari complicanze.
I sintomi più comuni causati dal virus consistono in febbre, tosse secca, mal di gola, difficoltà respiratorie. Le informazioni attualmente disponibili suggeriscono che il virus possa causare sia una forma lieve, simil-influenzale, che una forma più grave di malattia. Nei casi più gravi, l’infezione può causare polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale e persino la morte. Una forma inizialmente lieve può progredire in una forma grave, soprattutto in persone con condizioni cliniche croniche preesistenti, come ipertensione e altri problemi cardiovascolari, diabete, patologie epatiche e altre patologie respiratorie; anche le persone anziane potrebbero essere più suscettibili alle forme gravi, esattamente come succede per il comune virus influenzale.
Ogni anno, in Italia, dai 3,5 ai 6 milioni di persone si ammalano di influenza. Una vera epidemia, dunque, che associata al calo della copertura vaccinale registrato negli ultimi anni, fa aumentare la percentuale di rischio. In particolare per i soggetti fragili, anziani e portatori di malattie croniche: per costoro l’influenza può non essere un fastidio temporaneo, ma la causa di complicanze molto gravi. Ogni anno si verificano diverse centinaia di morti attribuite direttamente all’influenza, ma stimiamo anche che 7-8 mila persone muoiano per conseguenze e complicanze di questa infezione.
Secondo uno studio apparso su Nature, la velocità di trasmissione del nCov-2019 è simile a quello della SARS (epidemia 2002-2003) ed a quella del ceppo di influenza H1N1 durante la pandemia del 2009. La stima effettuata ha rilevato che ogni contagiato può infettare da 1,4 a 2,6 persone, sebbene il numero di persone contagiate sia elevato, il tasso di mortalità è, al momento, decisamente più basso rispetto a quello di Sars e Mers (21 casi in Europa su una popolazione di 500 milioni di abitanti ed una mortalità complessiva del 3% dei soggetti infetti).
Un aspetto che la scienza medica deve chiarire, possibilmente in breve tempo, è quello di stabilire se le persone senza sintomi (il virus ha un periodo di incubazione di 14 giorni), siano in grado di diffondere la malattia e, in caso affermativo, fino a che punto, in quanto l’elevata percentuale di casi asintomatici, renderebbe difficoltoso contenerne la diffusione.
Proprio ieri 2 Febbraio 2020, all’Istituto Spallanzani di Roma, centro di eccellenza mondiale nel campo della infettivologia, tra i primi al mondo, è stato isolato il virus e quindi sequenziato l’intero genoma per rendere disponibili quante più informazioni possibili a tutta la comunità scientifica internazionale, con l’obiettivo di sviluppare farmaci innovativi o vaccini sui pazienti.
E’ possibile infine monitorare l’andamento dell’infezione cioè i numeri su casi e morti in Cina e nel mondo, visualizzando la mappa interattiva della Johns Hopkins University, aggiornata in tempo reale.
3 febbraio 2020