Anche quest’anno i “ragazzi” della redazione di Scacco Matto si sono messi in gioco al teatro Villoresi di Monza, martedì 22 marzo, ponendo dei quesiti al professor Aurelio Tagliabue, dopo la visione del film “Padri e figlie” di Gabriele Muccino.
Il film in questione trattava del rapporto d’amore tra una figlia e un padre che si è ammalato dopo la perdita della moglie in un terribile incidente stradale. Ci siamo chiesti come mai un regista come Muccino avesse dato al film un’impronta tipicamente americana. Con semplicità il professor Tagliabue ha risposto che vivere in America lo ha condizionato fino a questo punto, così come utilizzare la tecnica del flashback per descrivere quanto fossero parallele la storia del padre malato e solo, con quella della figlia che non sa più amare dopo la sua morte.
Quello che più mi ha colpito, e in cui mi ritrovo, è il fatto che l’amore vero e incondizionato abbia il potere di guarire un cuore indurito dalla sofferenza e che una condizione di disagio psichico non debba essere motivo per giudicare la capacità di una persona di amare.
Mariaelena
E’ stata un’occasione per farci conoscere e far conoscere l’attività di redazione. Stellapolare non è solo un Centro Diurno, ma una realtà che vuole uscire e farsi scoprire. A me piace stare insieme alla gente, anche se mi emoziono. Martedì sera, durante l’intervista, mi tremava un po’ il foglio, avevo paura che mi cadesse il foglio e di non riuscire a leggere la domanda. Invece è andato tutto benissimo!
Cristina
Mi ha emozionato vedere il film e prepararmi per questa avventura. E’ stata un’opportunità per dare modo anche agli altri di conoscerci. E’ stata davvero una bella esperienza.
Teresa
L’argomento del film mi ha toccato, ma preferisco altri generei, più ironici.. “all’italiana”. Quando conosco qualcuno mi trattengo, non parlo della malattia; non per privacy, ma per sfatare i pregiudizi che ci sono sulla malattia mentale perché poi gli altri hanno subito un altro atteggiamento, ti trattano come una bambina. Dentro di me sento di essere ancora una bambina, ma cerco di usare questo aspetto al meglio, cercando di usare il cuore del bambino.
Loretta