di Daniela Zanuso
“Mi piace scrivere di cose che rappresentano l’umanità. Non conosco altro argomento più importante di questo”.
E’ stato un’icona del rock’n’roll e ha contribuito con la sua musica a mantenere vivo e intatto il vero spirito del rock: controcorrente, fuori dagli schemi.
Lewis Allan Reed, detto Lou, nasce il 2 marzo 1942 a Freeport, Long Island da una famiglia ebrea della media borghesia, una famiglia la cui grettezza e rigidità ha provocato, per la sua sensibile e fragile personalità, effetti devastanti.
E’ un ribelle, suona la chitarra, ha atteggiamenti provocatori, parla di omosessualità e i genitori turbati e preoccupati per questo “cattivo ragazzo”, lo costringono a frequentare una clinica psichiatrica e a subire quei, tristemente in voga allora, trattamenti di elettroshock. Un trauma che porta come risultato lo scatenarsi di crisi maniaco-depressive e di ossessioni sempre più frequenti. Ne segue la rottura definitiva del già difficile rapporto con i genitori e la maturazione di un astio profondo che Lou riverserà anche nei testi delle sue canzoni (Kill your sons).
Nei primi anni ’60 l’iscrizione all’Università di Syracuse, è occasione per lasciare la famiglia e iniziare un percorso di crescita individuale ed artistica. Legge e si appassiona ai poeti “maledetti”, conosce artisti, scrittori e poeti come Delmore Schwartz, di cui sarà allievo e discepolo.
Nel 1966 fonda, insieme a John Cale, i Velvet Underground, un gruppo che diventa in breve tempo un punto di riferimento del panorama musicale di New York. L’artista pop Andy Warhol diventa il loro pigmalione e, in quello stesso anno, produrrà con loro il primo album. Cinque anni con il gruppo dei Velvet, diversi insuccessi commerciali e la decisione di diventare solista. La conoscenza di David Bowie e la scelta di collaborare con lui sarà decisiva per la sua carriera. Da quel momento si susseguono alti e bassi, mosse azzardate e successi autentici.
I temi delle sue canzoni sono scottanti: sono storie di strada, di omosessualità, di droga, di bassifondi, di ambiguità. Ha raccontato un’America sconosciuta o quantomeno ignorata, ma anche molto di se stesso. L’assenza di speranza e di futuro hanno caratterizzato gran parte delle sue canzoni, anche se in fondo lui non ha mai smesso di sognare.
Muore il 27 ottobre 2013. Possiamo averlo amato o no, certo è che con il suo talento e la sua originalità, Lou Reed ha consegnato alla storia pezzi indimenticabili e ha segnato, insieme ad altri, un profondo cambiamento nella musica dagli anni ’70 in poi.