IT 2017: Pennywise fa ancora paura?

di Mattia Gelosa

Partiamo da un presupposto: non citerò mai IT del 1980. Non mi piace fare confronti e, in casi come questo, penso sia anche controproducente. Perché i giovani di oggi, per godere del nuovo IT, dovrebbero leggere i paragoni col vecchio? Per problemi di anagrafe non hanno potuto assistere alla visione del film gemello classe 1980, quindi consideriamo questo IT per quello che è: un’opera del 2017 che traspone su pellicola un romanzone (oltre 1000 pagine!) del re dell’horror Stephen King.

Dall’America arriva il solito fervore e si parla anche questa volta di un horror che ha terrorizzato sale intere (come Paranormal Activity, ricordate?) e che sta andando alla grande. Anche in questo caso, un po’ esagera la propaganda  e un po’ le sparano grosse gli americani: il film è un lavoro discreto, ma più per come analizza l’amicizia, l’amore giovanile, il bullismo, piuttosto che per la parte diciamo horror.

Insomma, il tocco del King “psicologo” si vede bene ed è bello cogliere il suo spirito dissacrante, il suo mix perfetto di humour e di cruento che permette di ridere in certe scene e di voltare il viso schifati in altre.

Certo, le innumerevoli pagine del romanzo omonimo permettono meglio di scavare a fondo nella vita di ogni personaggio, ma la pellicola fa il suo buon lavoro, aiutata anche dal fatto di raccontare, per ora, solo la prima parte della vita dei protagonisti, lasciandone l’età adulta in sospeso per il sequel, o Capitolo 2, che dir si voglia.

Oltre ai bravi protagonisti, funziona anche la figura del pagliaccio stesso: il giovane Bill Skarsgård ,che ne veste i panni, ha di suo lo sguardo più inquietante e al tempo stesso più magnetico che si potesse trovare tra le file hollywoodiane e quindi, in quel costume, è praticamente perfetto.

Ciò che funziona meno, è il tipo di paura che dovrebbe suscitare: IT è ciò che la Rowling in Harry Potter ha chiamato “Molliccio”, cioè un mostro che assume le sembianze delle nostre fobie. I risultati sono zombie, lebbrosi, mummie e molto spesso il clown Pennywise appunto.

Un mostro così concreto e surreale, con fiumi di sangue e capelli che escono dai tubi di scarico dei lavandini. Al giorno d’oggi però funzionano poco, per cui spesso l’idea di già visto è forte, mentre il livello di tensione basso. E non si tratta di un già visto inevitabile nel caso dei remake, ma di un déjà-vu che parte dal fatto che non si è voluto attualizzare il lavoro di King per ricalcare fedelmente ciò che aveva funzionato, vero, 27 anni fa.

Insomma, lo scrittore ha fatto più che bene il suo lavoro e la sceneggiatura anche, è la regia che appare spesso senza guizzi e per nulla aiutata da una musica che si adatta meglio a un fantasy che ad un horror.

Troppi film tratti dai libri del re dell’horror sono stati flop tremendi e il difetto è  quello di non aver avuto il coraggio di aggiustare e modificare ciò che su carta è spesso perfetto, ma si adatta poco allo schermo. Kubrick, per esempio, l’aveva capito bene e infatti il suo “Shining” si distanzia dal libro, ma è un film che ha una forza ben diversa da questo, pur avendo alla base un romanzo meno accattivante di IT.

Possiamo dare un giudizio tiepido a questo IT, purtroppo, ma con la consapevolezza che ci aspetta ancora un secondo capitolo in cui le possibilità di vedere dei miglioramenti sono alte.

 

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