Italia diva del cinema: il teatro

di Mattia Gelosa

Una delle più grandi tradizioni del nostro paese è senza dubbio quella del melodramma. L’opera lirica è un genere teatrale che si diffonde a partire dal 1600 e che mescola musica, danza e canto monodico recitato. L’opera lirica diventa uno dei simboli del barocco e lo sfarzo delle sue rappresentazioni, inizialmente riservate alle grandi feste di corte, come i matrimoni, ben presto richiede sedi adeguate pensate appositamente.

Nasce così l’esigenza di avere dei teatri e inizia la costruzione e l’evoluzione dell’architettura che portano al famoso teatro barocco o teatro a palchi all’italiana. La Scala di Milano, il San Carlo di Napoli, il Massimo di Palermo o la Fenice di Venezia sono le punte di diamante di una serie di teatri che costellano il nostro paese e si animano ogni anno di decine di rappresentazioni di opera, balletto o concerti. Un patrimonio unico formato da capolavori di eleganza, di sfarzo e di architettura che sono anche meta di grandi flussi turistici.

Il cinema, ovviamente, non poteva non sfruttare queste bellissime scenografie che hanno caratterizzato i set di alcuni film particolarissimi.

Un prologo da melodramma è quello di “Senso” (1954, Luchino Visconti) in cui ci troviamo nel 1866 e nel bel mezzo del “Trovatore” di Verdi allestito nello sfarzo del teatro La Fenice di Venezia. Dai palchi, su una platea di austriaci, gli irredentisti italiani gettano volantini tricolori in una corale richiesta di indipendenza del Veneto dallo straniero, in favore della sua riannessione all’Italia.

Visconti come sempre non bada a spese: la scena è decisamente di massa, con comparse in curatissimi costumi d’epoca, orchestra al completo che suona, figuranti impegnati sul palco nel dramma verdiano e un bel numero di macchine da presa che offrono numerose angolature da cui godere delle decorazioni in oro e stucco del teatro.

Con un deciso salto temporale e di genere, arriviamo a “4 mosche di velluto grigio” di Dario Argento (1971), film girato a Torino, ma con una scena che mostra in realtà l’interno del Teatro di Spoleto.

Roberto è un batterista che dopo una serata di prove esce e vede un uomo che gli sembra,  lo pedini da giorni. Inizia lui a pedinare lo sconosciuto e finisce così in teatro.

Bellissima è la sequenza dell’apertura dei sipari, con un cambio di punto di vista della macchina da presa molto suggestivo, così come l’idea del teatro abbandonato: i resti di una festa, fra decorazioni e stelle filanti, rendono ancora più spettrale la sala e la location assume ben presto la stessa funzione emotiva che hanno, nel filone dell’horror, le case abbandonate.

 

Il maestro dell’horror torna più volte a teatro (infatti è una delle sue grandi passioni assieme al cinema) e anche nel famosissimo “Profondo rosso” (1975) l’apertura è affidata a una scena ambientata in una sala all’italiana. Si tratta del Teatro Carignano di Torino, il teatro dove il re si recava ad assistere alle commedie.

Cromaticamente domina ovviamente il rosso, con la povera medium che percepisce il male in sala e sente in anticipo il dolore della morte violenta cui andrà incontro.

 

Meno riuscito nel complesso, ma registicamente sempre eccezionale è poi “Opera” (1987), ambientato per la maggior parte nell’edificio del Teatro Regio di Parma.

Per il teatro si aggira un killer che una sera uccide anche alcuni corvi presenti in teatro perché parte della scena del “Macbeth” di Verdi che lì si sta allestendo.

Il volo dei corvi sul teatro venne realizzato con una speciale macchina a bracci sollevata sul soffitto della platea: il risultato è una scena suggestiva e ricca di suspense.

 

Non solo gli italiani hanno ripreso I teatri dello stivale, ma a celebrarli sono stati anche alcuni autori stranieri.

Woody Allen, per esempio, noto melomane, nel 1986 girava il capolavoro “Hannah e le sue sorelle” (tre oscar per questo film!) e inseriva alcuni frammenti di una “Manon Lescaut” di Puccini ripresa al Teatro Regio di Torino, mentre nel folle “Le avventure acquatiche di Steve Zissou” (2004) Wes Anderson racconta di un documentarista che parte alla caccia di uno squalo-giaguaro che avrebbe ucciso un suo amico durante l’ultimo progetto video.

Per presentare la sua idea e cercare fondi organizza una serata al Teatro San Carlo di Napoli, mostrato per poco, ma nella sua sempre splendida forma:

 

Gli esempi non sono moltissimi, ma i nostri teatri e la loro eleganza sanno essere senza tempo: lo dimostra proprio il fatto che si siano adattati senza alcun problema a pellicole ambientate nel Risorgimento, negli anni ’70 e ’80 e poi dopo l’avvento del Ventunesimo secolo.

Perché l’eleganza e il fascino veri, in questa bellissima donna che è l’Italia, non tramonteranno mai!

 

 

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