di Marco Riboldi
Abbandono per una volta il tipo di articoli di cui solitamente mi occupo per misurarmi con l’attualità. Cercherò di raccontare qui alcune cose che mi sembra di aver capito nelle ultime settimane, quelle che hanno portato al governo tra leghisti e grillini.E’ un esecutivo di destra?
Direi proprio di sì. Che sia il più a destra della storia repubblicana può essere discusso (quelli con Forza Italia, Lega e Alleanza Nazionale non erano da meno, quanto a collocazione politica), ma l’orientamento è senza dubbio quello.
Continuando a dire di non essere né di destra né di sinistra, il M5S ha finito per costruire un esecutivo fortemente caratterizzato e fortemente condizionato dai temi cari alla destra.
Mi resta la curiosità di sapere cosa sarebbe successo se la riabilitazione di Berlusconi fosse arrivata una settimana prima, invece di un paio di giorni dopo la sua decisione di lasciare il via libera a Salvini.
E’ un esecutivo di cambiamento?
Certamente sì. Non tanto nel senso dei molti “homines novi”, che alla fine tanto nuovi non sono (se non, paradossalmente, il Presidente del Consiglio), visto che in larga misura vengono da esperienze di parlamento o di professioni assai contigue alla politica e ai politici, quanto nel senso che mai si sono visti tanti repentini cambiamenti di opinioni e posizioni.
Direi che il record assoluto lo ha stabilito l’ineffabile on. Di Maio, transitando in poche ore da “ per me con la lega finisce qui” al rinnovato feeling con Salvini e, ancora più clamorosamente, dalle pubbliche lodi alla saggezza del Presidente Mattarella alla richiesta di messa in stato d’accusa dello stesso (per attentato alla Costituzione, non sciocchezzuole) alla ritrovata fiducia nel Capo dello Stato.
Questo non comporterà probabilmente danni politici all’on. Di Maio, almeno nel suo schieramento. Una volta che il governo è fatto, poi il lavoro contribuisce a lasciare alle spalle il cammino incerto e gli inciampi presi. D’altra parte, è talmente forte il sospiro di sollievo che si è levato da deputati e senatori per aver scampato il pericolo di scioglimento delle camere, che le bandiere di tutta Roma hanno sventolato come non mai.
E’ un governo?
Ecco, qui la risposta è un po’ più complicata. Arrivati al potere con un progetto di promesse irrealizzabili o costosissime oltre ogni dire, i ministri dovranno adesso fare i conti con una realtà molto lontana da quella disegnata nel celebre contratto.
E l’elettorato che ha votato questi partiti è un elettorato in larga misura non ideologizzato: come loro stessi vantano, si tratta di un elettorato che ha votato non per distinzioni ideologiche, ma per fiducia nei confronti di chi promette il cambiamento. Ciò significa che è un elettorato che non accetta di “sopportare” difetti in nome di una ideologia comune. Per tenere legato questo elettorato servono soprattutto i risultati, non le prospettive.
E si badi, non sto affatto giudicando male tale propensione dell’elettorato leghista e penta stellato: è una propensione ad una politica de-ideologizzata che ormai è studiata in lungo e in largo dagli esperti ed è una caratteristica emersa in molte parti del mondo. Quindi adesso soprattutto per Di Maio (per Salvini meno, secondo me, perché la Lega ha comunque una piattaforma militante forte) il processo di verifica delle promesse sarà piuttosto duro.
Saranno poi da capire gli equilibri che si costituiranno all’interno del governo e dei ministeri.
Come si comporranno le relazioni tra grande burocrazia e nuovi governanti é un interrogativo non da poco. Come eserciterà le sue funzioni il Presidente del Consiglio è un altro mistero. Come si misureranno i rapporti di forza tra le due componenti politiche? Vedremo…
Ci troviamo davanti due interlocutori che dovranno cercare una composizione dei rispettivi interessi e non credo che l’operazione riuscirà facilissima, con il rischio di conseguenze sulla compattezza della azione di governo.
Per fortuna che Sergio c’è
Dopo di che dobbiamo rendere onore particolare a due persone. Uno è il dott. Cottarelli, che si è comportato in modo esemplare, mettendosi a servizio del Paese senza alcuna pretesa e ritirandosi in buon ordine quando si è chiarito che il suo governo avrebbe potuto lasciare posto ad un esecutivo “politico” (lo scrivo tra virgolette perchè secondo me non esistono governi o ministri “tecnici”).
L’altro è il nostro Presidente.
Ha saputo tenere la barra dritta di fronte alle sue responsabilità, soprattutto a quella, poco evidenziata, ma essenziale, di mantenere intatte le sue prerogative, per consegnarle integre, e non indebolite, al suo successore.
Ha saputo resistere, ma non ne avevamo dubbi, agli insulti e alle offese di tanti sprovveduti critici, sovreccitati da improvvisati tribuni del popolo, beatamente ignari di quanto la storia pesi su alcune parole.
La sua difesa della prassi e dello spirito della Costituzione ci hanno evitato guai di entità incalcolabile.
Il nostro Presidente è un uomo sul quale possiamo fare affidamento. Lo sapevamo e lo ha dimostrato una volta di più.
E gli altri?
Per altri intendo il centro sinistra. Che secondo me ha raccolto il frutto di tanti errori, prima di tutto un enorme deficit di comunicazione che ha impedito di fronteggiare la propaganda facile di Lega e M5S. E quando comunicava qualcosa sceglieva forme involute e poco chiare, a differenza per esempio delle esemplari (per immediatezza) frasi dell’on. Salvini, che sono chiarissime, efficaci e colpiscono l’elettorato in modo immediato (il contenuto è un’altra questione). La scarsa unità e la mancanza di una leadership condivisa hanno fatto il resto. Appena avrà terminato i popcorn (queste comunicazioni un po’ adolescenziali, un po’ da addetti ai lavori non incidono sul grande pubblico) sarà bene che il centro sinistra si attrezzi a fornire alternative praticabili, senza impuntature ideologiche incomprensibili.
E qui faccio un esempio volutamente discutibile e provocatorio.
E’ assolutamente inutile continuare a parlare dell’importanza degli immigrati che lavorano, producono, pagheranno le pensioni agli italiani ecc. Questi immigrati non sono quelli che portano voti alla destra. Il centro sinistra deve dire cosa intende fare degli altri immigrati, quelli che si vedono ciondolare nelle nostre città, che vediamo salire sempre sui mezzi pubblici senza pagare il biglietto, fare i propri bisogni nei giardini pubblici. Non parlare un modo serio ed efficace di queste cose, proponendo solo altisonanti e vuoti discorsi sull’accoglienza è il modo migliore per NON farsi capire dai cittadini, è il modo migliore per regalare le periferie alla destra.
Ho scelto volutamente un tema caldo, ma altri potrei indicarne (così, al volo: come pensate che reagisca il cittadino medio alla notizia che un ladruncolo arrestato 20 volte e sempre rilasciato si rivolge candidamente ai poliziotti dicendo “tanto non potete farmi niente”?).
Leggo un’intervista all’on. Minniti che mi pare confermi la mia impressione. Dice l’ex ministro degli interni “Abbiamo affrontato la rabbia e la paura con la supponenza e la freddezza delle cifre. Che erano vere: non abbiamo mai avuto tanti occupati; i reati sono al minimo storico da vent’anni. Ma non abbiamo dato dignità a questi sentimenti. Non siamo riusciti a connettere la rabbia con un progetto, né a rimuovere le cause della paura” (Corriere della sera di domenica 3 giugno, pag. 8).
Ecco: direi che il centro sinistra adesso deve proprio darsi da fare per ricostruire un discorso politico lesionato, deve riconnettersi con il suo popolo e in genere con l’elettorato. Deve smettere di dare l’impressione di vivere su un altro pianeta rispetto alla quotidianità. E deve parlare ai cittadini, non parlarsi continuamente addosso, da un lato disegnando scenari politici futuribili e dall’altro litigando furiosamente su questioni interne la cui importanza sfugge ai più.
Auguri, Italia: una volta di più ne abbiamo bisogno, anche se una volta di più, sono certo, troveremo le energie necessarie.
P.S. Se proprio dobbiamo fare un augurio particolare lo indirizziamo al ministro Bussetti, incaricato all’Istruzione. E’ stato per qualche anno dirigente dell’Ufficio Scolastico di Monza ( in italiano antico si diceva Provveditore). Conosce bene i bisogni della scuola del nostro territorio e speriamo che lavori per la sua piena autonomia e per la sua efficienza.