testo di Salvatore Giannella
E il genio aveva visto giusto anche quando scriveva a Croce: “Salvi l’Italia”. “Lei pare predestinato a rendere un servizio al Suo paese”, diceva al filosofo italiano lo scienziato della relatività, teoria confermata dall’immagine del buco nero al centro di M87, enorme galassia a circa 55 milioni di anni luce dalla Terra. Ecco i brani centrali di quell’epistolario che riportai a galla.
Giugno 1944: manca un mese alla strage delle tre Einstein (link). Una lettera parte, il 7 di quel mese, da Princeton, Stati Uniti, alla volta di Sorrento, gioiello tra i gioielli della costiera amalfitana. Mittente: Albert Einstein. Destinatario: il filosofo Benedetto Croce. Ecco i principali brani di quell’importante e semisconosciuto epistolario che, ripresi da Benedetto Croce. Pagine politiche (Laterza, 1945), riportai in un servizio su Oggi del 23 agosto 2000 a corredo di un mio testo sulla strage dei familiari del grande scienziato.
“Mi conforta il pensiero che Le stia a cuore il destino del Suo bel Paese straziato ancora dai suoi truci oppressori di dentro e di fuori. Lei pare predestinato a rendere un servizio inestimabile al Suo paese. Lei è uno dei pochissimi che abbiano saputo mantenersi al disopra della mischia dei partiti e in conseguenza ha la fiducia di tutti…
Il riferimento è a Platone e al suo sogno di un governo retto da filosofi (“per il futuro la filosofia e la ragione resteranno il più bel rifugio degli spiriti eletti, l’unica vera aristocrazia che non opprime nessuno”). La lettera si chiudeva inviando “rispettosi saluti e auguri”.
E Croce il 28 luglio, appena sei giorni prima dell’assassinio delle tre parenti di Einstein, nella sua risposta esprime una riserva sulla teoria platonica della Repubblica perfetta, “respinta dal pensiero moderno” e chiarisce il suo pensiero sul compito dei filosofi:
“A loro deve essere d’esempio Socrate, che filosofò ma combatté da oplita a Potidea. Combattere infatti si può anche in modo diverso: il modo è partecipare alla quotidiana e più aspra e più complessa guerra che è la politica.”Poi rievoca:
“Ricordo la lunga conversazione che facemmo in Berlino nel 1931, quando ci accomunammo nello stesso sentimento ansioso sul pericolo in cui versava la libertà in Europa: comunanza che vidi confermata allorché mi trovai a collaborare con Lei, fatta esule dalla Sua patria per l’inferocita lotta contro la libertà…
Sul suo impegno e sull’Italia, il filosofo precisava: