di Isabella Procaccini
“… il passato sono solo muri sventrati, case terremotate da cui si deve fuggire…”. È proprio il terremoto interiore, quella rabbia che ti consuma dall’interno e a cui devi reagire per poter vivere, ad essere protagonista de “La scena”, una brillante commedia diretta da Cristina Comencini e interpretata da Angela Finocchiaro, Maria Amelia Monti e Stefano Annoni. La pièce è stata in cartellone lo scorso weekend presso il Teatro Manzoni di Monza e ha avuto un’accoglienza speciale da parte del pubblico, che ha quasi riempito le 817 poltrone del Manzoni per tutte e cinque le repliche. I temi trattati sono il rapporto uomo-donna, quello genitore-figlio, l’amore, il fallimento… Questioni importanti, affrontate in modo giocoso e piacevole, un mix di comicità e riflessione che rende questo spettacolo leggero, fruibile, ma allo stesso tempo capace di far pensare.
Il modo di reagire a questo terremoto caratterizza i personaggi: Lucia (Angela Finocchiaro) è un’attrice di teatro segnata da un’infanzia borghese priva di concrete dimostrazioni di affetto , da un’adolescenza in cui la sua aspirazione alla carriera di attrice non veniva minimamente considerata adeguata e una maturità riempita da uomini sbagliati, eterni Peter Pan incapaci di mettere insieme i pezzi della propria vita, di realizzare progetti, di essere mariti e padri. La morte del suo bambino ancora neonato sarà il punto di svolta per la totale rinuncia all’amore. Ciò che resta sul palcoscenico della vita è esattamente quello che la donna porta sul palcoscenico del teatro: un mondo di irreale ricerca della perfezione, un mondo a cui rispondere con la razionalità, con l’apatia, perché il sentimento, quello vero, può esistere solo nella finzione della scena.
Maria (Maria Amelia Monti), invece, la scena la crea ogni volta che incontra un uomo. Ed è proprio quello che è successo la sera precedente, quando a una festa, dopo aver bevuto qualche bicchiere di troppo, seduce l’uomo che sicuramente sarebbe stato quello giusto. Lei non sa niente di quell’incontro, non sa né il nome, né l’età, né la professione della persona con cui ha passato la notte, ma è convinta (come è convinta ogni volta) che la scena, l’idillio che immagina nella sua mente sia la realtà. Soltanto che poi alla mattina il sogno svanisce e la donna si ritrova sola, a dover vivere la realtà vera: quella di donna divorziata con due figli e una prestigiosa occupazione in banca.
Eccolo, invece, apparire in mutande, un giovane ragazzo di meno di trent’anni. Luca (Stefano Annoni) non se n’è andato, semplicemente dormiva nella camera dei bambini (che trascorrono il weekend dal padre). Tra i tre inizia subito un confronto interessante. Luca non ci sta a ricoprire il ruolo del “giovane ragazzo in mutande” e neppure quello dello “stupido ragazzo ubriaco sedotto a una festa” e decide di mostrare se stesso raccontando la sua verità: quella di un giovane uomo cresciuto da una madre imperiosa e assolutista, quella di un ragazzo che è in grado di cogliere in fallo Lucia e Maria e di mostrargli la verità: “Voi donne passate la prima parte della vostra vita a fare progetti e la seconda a smontarli!”. Le due donne lo interrogano, lo prendono in giro, gli fanno scuola di vita, ma non prevedono la sua reazione, la rabbia che ha in corpo, la consapevolezza della sua fragilità e della sua forza senza sbocco.
Alla fine non c’è scampo. Quel terremoto che scuote l’anima e la stravolge prima o poi colpisce tutti. E non importa se siamo uomini o donne, studenti universitari, attori o dirigenti di banca, ciò che conta davvero è riuscire a rimettere insieme i pezzi ed essere capaci di farli funzionare di nuovo. La scena, forse proprio lei è la vera protagonista, quella che Lucia recita in teatro, quella che Maria recita nella vita, quella gli attori recitano sul palcoscenico, che forse resta il solo luogo veramente libero del mondo.