La storia del “violino di Auschwitz”

Un libro ripercorre la tragica vicenda della famiglia Levy deportata ad Auschwitz e dell’unico “sopravvissuto”, il violino della figlia più giovane Eva Maria detta Cicci. Una storia che oggi può essere raccontata per intero grazie a nuovi documenti e testimonianze raccolte da Carlo Alberto Carutti.

Nuovi documenti e una testimonianza inaspettata svelano gli ultimi, tragici dettagli della storia del “violino di Auschwitz”, il Collin-Mézin oggi custodito al Museo Civico di Cremona appartenuto a Eva Maria Levy, detta Cicci, deportata nel 1943 con la madre e il fratello e costretta a esibirsi fra i musicisti di Auschwitz Birkenau fino alla morte, avvenuta in circostanze sino ad oggi poco chiare nel 1944.

Carlo Alberto Carutti, imprenditore milanese e attuale proprietario del violino acquistato presso un antiquario di Torino, ha dedicato gli ultimi anni a ricostruire la storia dello strumento, partendo dalla stella di Davide in madreperla sulla parte posteriore e dal cartiglio conservato al suo interno, con un numero di sei cifre e la frase in tedesco Der Musik macht frei.

L’intera ricerca, fino agli ultimi recenti sviluppi, è raccolta compiutamente nel libro L’ultimo testimone. Il violino della Shoah e la sua storia (Interlinea, pp. 80, euro 15,00). Ma, come scrive lo stesso Carlo Alberto Carutti, il libro è anche

Ultimo testimone – di Carlo Alberto Carutti

 «occasione di indagine sugli esseri umani in un periodo grave della nostra storia, descrivendo le relazioni all’interno di una famiglia ebrea, mettendo in luce grandi prove di solidarietà anche da parte di esseri umani che non si conoscevano, e i rapporti strettissimi tra il mondo cattolico e il mondo ebraico».

La storia vera del violino della Shoah è stata raccontata da Anna Lavatelli nel libro per bambini Il violino di Auschwitz (Illustrazioni di Cinzia Ghigliano, Interlinea, pp. 96, euro 8,00), che nel 2021 raggiunge la terza edizione.

Un brano del libro L’ultimo testimone:

«Era troppo bello, parlo del suo stato di conservazione, per far pensare a un violino fasullo. Guardando all’interno del violino vidi un cartiglio sul quale, a matita, era stata riportata una frase musicale di sei battute e, quasi nascosto in ogni battuta, un numero: 168007.2 Un lampo di memoria mi fece ricordare il numero tatuato a Primo Levi ad Auschwitz, che era intorno a 170 000. Mi sembrava chiaro: il violino aveva un legame con un campo di prigionia: e perché non Auschwitz? Ai bordi della frase musicale erano ben chiare due A, una all’inizio e una alla fine, a sostenere il filo spinato appeso a due paletti.

Di getto chiesi il prezzo alla titolare del negozio e dove l’avesse trovato. Mi disse che veniva da un suo cliente che però voleva rimanere anonimo. Più abbottonata di così non poteva essere: mi accontentai e rientrai, portando il violino con me.

Il mio rientro si allungò fino a Cremona: arrivai da Carlson, il mio liutaio di fiducia, per esaminare insieme a lui il violino. Queste furono, più meno, le sue parole: “Ha una rottura lungo tutta la tavola armonica. La riparazione è di un grande liutaio: presenti due pezze di legno applicate in modo magistrale. Il violino è francese: è un Collin-Mézin impreziosito da un filetto supplementare in madreperla: la stella di Davide è di un altro tipo di madreperla: certo fatta dopo. E sa cosa le dico? Suona benissimo!”»

Carlo Alberto Carutti nasce a Milano nel 1923, si laurea in ingegneria alla fine del 1946 al Politecnico di Milano, perfeziona in quegli anni in parallelo al suo lavoro lo studio della chitarra jazz sotto la guida del maestro Luigi Zuccheri. Successivamente completa lo studio già avanzato del violino alla scuola musicale Enrico Bossi di Como, sotto la guida del maestro Franz Terraneo, arricchisce la sua cultura sulle arti figurative quando nel 1951 si sposa con Maria Luisa Testori, diplomata in pittura, sorella di Giovanni Testori, suo compagno di ginnasio e di liceo che lo coinvolge nella passione per la ricerca nel campo delle arti figurative.

Di professione imprenditore, Carlo Alberto Carutti da più di 50 anni accomuna la passione per il collezionismo, sia nel campo della liuteria che nel campo della pittura (non mai disgiunto dalla ricerca) a quello della poesia, di cui è segreto artefice, prodotto inconsapevole della sua anima musicale. Con Interlinea ha pubblicato Noi. Incontri di una lunga vita salvati in poesia, con disegni inediti di Giovanni Testori e una nota di Claudio Vela (2013); Viaggio ad Arles, con la prefazione di Fulvio Panzeri (2014); Boom. Gli oggetti del miracolo economico tra vita, passione e lavoro, con la presentazione di Andrea Kerbaker (2016) e L’ultimo testimone. Il violino della Shoah e la sua storia (2020).

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