di Francesca Radaelli
Seduto allo scrittoio, intento a scrivere La tempesta, Shakespeare fatica a farsi ascoltare dai suoi personaggi. Quando li chiama non sempre si presentano in scena, c’è chi non parla bene la lingua ed è il drammaturgo in persona a dovergli prestare la voce, c’è chi pretende di non essere duca ma duchessa, e c’è chi manca all’improvviso, costringendo lo stesso Shakespeare a sostituirlo sul palco. Cose che possono capitare, quando gli attori sono detenuti.
E’ andata in scena lo scorso 1° giugno al Teatro Binario 7 di Monza “La tempesta perfetta”, lo spettacolo teatrale diretto dalla regista milanese Luisa Gay e frutto del laboratorio teatrale che si è svolto quest’anno all’interno della Casa Circondariale di Monza, ad opera dell’associazione Zeroconfini Onlus, all’interno del progetto di teatro nelle carceri.
In un angolo del proscenio Shakespeare (impersonato da un attore professionista, Claudio Gay della Compagnia Il Granchio) è alle prese con la sua ultima commedia, La tempesta. Una commedia che racconta di un naufragio e di un’isola lontana che diventa luogo in cui si decidono le sorti del mondo, un commedia che parla della sete di potere, di magie e di complotti, di padroni, servi e prigionieri. E si conclude con una nuova speranza, affidata a due giovani innamorati che si apprestano a lasciare l’isola per iniziare una vita lontana da vendette e congiure.
Un testo complesso, che si arricchisce di ulteriore significato quando l’isola del mago Prospero entra tra le mura di un carcere, e quando La tempesta di Shakespeare diventa ‘perfetta’, ossia va a colpire proprio nel punto più vulnerabile. Uno spettacolo che ha rappresentato soprattutto una sfida difficile e impegnativa per i detenuti che lo hanno affrontato.
“Non ho voluto fare troppi tagli al testo originale di Shakespeare”, ha spiegato la regista Luisa Gay. “Non volevo propinare ai miei attori un testo facilitato, penso che sia meglio dare loro del pane duro da mordere, piuttosto che un omogeneizzato già frullato che si manda giù facilmente. Abbiamo fatto un lavoro molto duro e complesso, con la soddisfazione di riuscire a mettere in scena un testo che è uno dei classici più forti del teatro”.
Ad assistere alla rappresentazione, punto di approdo di un percorso formativo e di riabilitazione sociale che passa attraverso la creatività, operatori e volontari attivi all’interno della casa circondariale, ma anche le famiglie dei detenuti-attori. E naturalmente il direttore della casa circondariale, la dottoressa Maria Pitaniello, che ha voluto sottolineare al termine dello spettacolo proprio l’impegno che gli attori hanno messo nell’affrontare la sfida del testo teatrale: “Avete dimostrato”, ha detto rivolgendosi a loro, “che quando ce la mettete tutta ce la potete fare, che siete in grado di realizzare qualcosa di buono e di bello, per voi stessi e per gli altri”.
Perchè passata la tempesta, ripartire è possibile. Perchè al di fuori dell’isola di Prospero, c’è un mondo in cui ritornare. Ed è tutto da vivere.
©fotografie di Giovanna Monguzzi