Laudato Si! Perché un’enciclica dedicata all’ambiente?
Questa la domanda con cui si è aperto, sabato 27 febbraio presso l’auditorium della Chiesa del Sacro Cuore di Monza (Triante), il convegno della Zona Pastorale V della Caritas di Monza. Due risposte alla domanda sono arrivate dagli interventi del giornalista, esperto di politica internazionale, Alfredo Somoza e di don Maurizio Patriciello, parroco di periferia a Caivano, in provincia di Napoli, in prima fila a fianco dei cittadini della Terra dei Fuochi. Punto di partenza e di innesco del dibattito, moderato da Fabrizio Annaro, è stata proprio la ‘Laudato Si’, o meglio la scelta di papa Francesco di dedicare un’enciclica intera alla ‘cura della casa comune’ .
La casa comune
“Nel libro della Genesi si dice che il Signore Dio pose l’uomo nel giardino di Eden perché lo coltivasse e custodisse”, ha ricordato Monsignor Silvano Provasi, introducendo l’incontro. “L’uomo impose nomi al bestiame, agli uccelli del cielo, agli animali selvatici. ‘Dare un nome’ nella Bibbia significa dare un valore, definire una relazione, prendersi a cuore, custodire. Nei nostri tempi dare il nome ha assunto il significato di prendere possesso, mettere il proprio nome su qualcosa è un modo per dire che questa cosa mi appartiene. Ciò che è stato creato per il bene dell’umanità, viene così ‘conquistato’ per il bene personale. Il papa ha voluto invece ricordare il significato originario del dare un nome al creato, esortando a passare dal possesso, dall’arricchimento a tutti i costi che tende allo sfruttamento, alla disponibilità alla condivisione”.
Nell’enciclica che Francesco ha voluto dedicare alla ‘casa comune’ il papa denuncia una crisi socio-ambientale globale, un debito ecologico tra nord e sud del mondo, che occorre sì denunciare ma anche e soprattutto cercare di superare con una partecipazione costruttiva, traducendo la coscienza ecologica in un cambiamento dello stile di vita, nelle piccole scelte quotidiane.
Un accordo ‘a lungo termine’
Non è forse un caso che la pubblicazione di un’enciclica dalla portata così rivoluzionaria abbia preceduto di pochi mesi la conferenza Cop 21 che si è tenuta nel dicembre 2015 a Parigi, per trovare un nuovo accordo globale in vista della scadenza prevista nel 2017, del Protocollo di Kyoto.
“Le conclusioni di Cop 21 sono state considerate deludenti da molti, ma, viste le premesse, la conferenza avrebbe potuto andare molto peggio: si è giunti comunque alla definizione di un accordo, che certo deve essere ancora ratificato ma che non così scontato, tra ben 197 stati”, ha puntualizzato Alfredo Somoza, che si è soffermato sulla situazione a livello mondiale in tema di accordi ambientali, sottolineando gli ostacoli posti da una congiuntura internazionale che per via della crisi economica ha fortemente ridotto l’urgenza della difesa ambientale nelle agende nazionali, nonché dall’abbassamento del prezzo del petrolio, penalizzante per il mercato delle energie rinnovabili. “L’obiettivo che è stato individuato, restare sotto i due gradi in più rispetto all’epoca preindustriale, è un obiettivo a lungo termine e come raggiungerlo è ancora tutto da scoprire, considerato che ci sono ancora molte resistenze all’abbandono dei combustibili fossili da parte della Cina, la ‘fabbrica del pianeta’ che produce oltre un quarto delle emissioni, ma anche dei paesi dell’est europeo la cui industria è strettamente legata all’utilizzo del carbone”.
Se gli accordi di Cop 21 devono ancora essere ratificati e mantengono una prospettiva di lungo periodo, ben differente è il sentimento di forte urgenza da cui muove invece l’enciclica di papa Francesco, che vuole costituire un richiamo all’umanità articolato su due livelli: politico innanzitutto, evidenziando lo stretto legame tra gli aspetti sociali ed ecologici, e poi quotidiano, chiamando ciascuno a un cambiamento del proprio stile di vita: “Persino al supermercato, le nostre scelte di consumatori sono anche dei veri e propri ‘voti’ che noi decidiamo di attribuire a tutta la filiera che sta dietro al prodotto che comperiamo”, ha ricordato Alfredo Somoza.
La terra che brucia, adesso
Una quotidianità che a volte è inquinata, infettata e avvelenata proprio per effetto di quella ricerca dell’affare, del guadagno e dell’arricchimento a tutti i costi denunciato dalla Laudato Si. Succede per esempio nella Terra dei Fuochi, o meglio in quella terra “che fuma senza bruciare”, di cui don Maurizio Patriciello ha portato la sua vigorosa, traboccante e davvero sconvolgente testimonianza. Divenuto prete grazie a un passaggio in macchina a un frate, ordinato parroco di un quartiere in cui è stata ammassata tutta la povertà possibile, un quartiere “di quelli progettati a tavolino da politici e architetti che sarebbero da mettere in galera”, don Maurizio si definisce non un prete ambientalista, ma “un prete, punto”.
E racconta la storia della sua terra e del suo impegno, iniziato una notte d’estate quando, sentendo la propria casa invasa da un fetore insopportabile, diede inizio attraverso un post su facebook a un tamtam di segnalazioni da parte dei cittadini del suo e dei paesi vicini. Un impegno a cui, in quanto parroco, non poteva sottrarsi, e che è proseguito attraverso le denunce sui media, gli incontri con le istituzioni, dai prefetti al Presidente del Consiglio, gli appelli al Presidente della Repubblica e al papa.
Come quando fece affrancare e inviare per posta dai parrocchiani un’ondata di cartoline con le fotografie scattate dalla mamme alle camerette vuote dei loro bambini morti di tumore o leucemia: metà di queste cartoline furono recapitate all’allora presidente Giorgio Napolitano e metà a papa Francesco. “Forse anche questo ha contribuito a far maturare alcuni dei contenuti della Laudato Si”, ipotizza don Maurizio, che non ha paura di farsi portavoce di un popolo che il cancro sta decimando inesorabilmente né di denunciare le responsabilità, facendo nomi e cognomi. “La sciagura che colpisce la mia terra è determinata sì dal clan dei Casalesi, ma i camorristi non sono gli unici responsabili”, ripete don Maurizio. “Per mettere in moto il via vai di tir carichi di rifiuti tossici diretti verso le discariche ‘di stato’ della mia terra, iI clan di Casal di Principe ha dovuto stringere accordi con i grandi industriali di tutta Italia. I ‘fuochi’, i roghi di rifiuti, nascono invece dalle aziende del nostro stesso territorio che operano in regime di evasione fiscale e bruciano gli scarti della lavorazione di scarpe e tessuti per sbarazzarsene. Da noi l’evasione fiscale di pochi significa malattia e morte per tanti”.
I cristiani, custodi del creato
“Tra la rivoluzione e il dialogo con le istituzioni io ho scelto il dialogo”, precisa don Maurizio, che lotta su due fronti, cercando ogni giorno di contenere le istanze più violente e agguerrite dei movimenti di cui si è fatto portavoce. “La Chiesa arriva magari più lentamente al cuore dei problemi, ma ha il dono della perseveranza. Deve però essere sempre fedele alla propria missione, quella di mettersi al servizio del bene comune, di ciò che le è stato dato in custodia, che si tratti della bellezza di un’opera d‘arte come quelle del vostro magnifico duomo di Monza oppure di una terra che diventa discarica perché qualcuno mette il ‘mio’ prima del ‘nostro’. Perché avviene questo? Per lo stesso motivo che ha innescato il peccato originale, per lo stesso motivo per cui a Casal di Principe ci sono ville splendide e mastodontiche ma nemmeno un acquedotto”.
Proprio il mettersi al servizio della casa comune, nella quotidianità individuale innanzitutto, è il compito di ogni cristiano. E proprio questo, come sottolineato in conclusione da Luciano Gualzetti, vice direttore di Caritas ambrosiana, è il messaggio di fondo che Francesco affida alla Laudato Si, lanciando un appello a una conversione ecologica che passi attraverso piccoli gesti quotidiani, come spegnere la luce quando si esce da una stanza o fare ogni giorno la raccolta differenziata dei rifiuti.
A otto secoli dal cantico delle creature, in un’era definita Antropocene che vede vaste aree del mondo martoriate a causa di comportamenti scellerati dell’uomo, è dai piccoli comportamenti quotidiani che Francesco invita tutti ad avviare un percorso di ‘bonifica delle coscienze’, per essere davvero custodi di un creato che ha bisogno, e urgentemente, di tornare casa comune per l’umanità.
Francesca Radaelli