Donne afghane e street art in mostra a Lissone

di Francesca Radaelli

“L’arte cambia la mente delle persone. E le persone cambiano il mondo”.

A dirlo è Shamsia Hassani, la prima donna street artist afghana. A lei è dedicata la mostra temporanea organizzata da Emergency alla Villa Magatti di Lissone nella giornata di domenica 14 maggio. L’iniziativa, che vede tra gli organizzatori anche il Partito Democratico e il Listone – lista civica, vuole sottolineare il ruolo dell’arte nel denunciare le violazioni dei diritti umani. Ma anche nell’indicare una speranza per il futuro.

L’arte di Shamsia Hassani

“Afghanistan. Lo sguardo delle donne” è il titolo della mostra. Uno sguardo che in realtà, a queste donne, viene negato. Le figure femminili che Shamsia Hassani raffigura sui muri delle città del suo Paese, infatti, hanno spesso gli occhi chiusi: non riescono a vedere il loro futuro, o forse cercano di sognarne uno diverso.

Negata, alle donne afghane, è anche la parola. A nessuna delle sue donne Shamsia Hassani disegna la bocca: vivono in un luogo che non permette loro di avere voce.

Eppure i colori degli abiti che indossano sono spesso brillanti e luminosi. Portano luce e colore anche sui muri di molte città afghane distrutte dalla guerra. E non mancano nelle opere dell’artista i simboli di speranza e sogno, dai soffioni agli strumenti musicali. Simboli, questi ultimi, che ricordano le proteste del mondo femminile afghano contro il provvedimento che, nel marzo 2021, vietò alle ragazze maggiori di 12 anni di cantare agli eventi pubblici, a meno che il pubblico non fosse stato composto esclusivamente da donne, e di ricevere lezioni di musica da un insegnante maschio. 

Classe 1988, nata in Iran da genitori afghani, Shamsia Hassani ha studiato arti visive a Kabul e ha insegnato all’Università di Kabul fino a dicembre 2021. Ha creato murales anche in diversi altri Paesi del mondo, tra cui Stati Uniti e Italia.

Dopo il ritorno dei talebani, a seguito del ritiro delle truppe USA, Hassani è costretta a vivere nascosta. I suoi murales vengono costantemente cancellati dalle autorità. Ma lei continua a postare la sua arte sui social. Mettendo a rischio, ogni giorno, la sua vita.

Foto dalla pagina Instagram di Shamsia Hassani

Riflettori accesi sull’Afghanistan e la rotta balcanica

All’inaugurazione della mostra – in programma domenica 14 maggio alle ore 11 – parteciperanno Tiziana Di Vito di Emergency, che racconterà le attività dell’associazione a Kabul, ed Emma Mapelli della Onlus Linea d’Ombra, che porterà la testimonianza del suo lavoro per accogliere a Trieste i migranti in arrivo dalla rotta dei Balcani, molti dei quali provenienti proprio dall’Afghanistan.

“L’arte di Hassani veicola e denuncia una situazione inaccettabile di cancellazione di diritti sulle donne e di dignità in Afghanistan e ci permette di mettere a fuoco altre situazioni in altri Paesi”, commenta Concetta Monguzzi del Listone. “Il racconto di esperienze forti e di testimonianze dirette ci guida alla riflessione e all’impegno personale”.

“Questa mostra incarna perfettamente i nostri valori ed esalta la forza dell’arte, che ha sempre una risposta contro tutti gli orrori di questo mondo”, sottolinea Federico Panarotto, segretario del PD Lissone. “Più certi uomini ci spingono verso l’abisso, più gli artisti ci invitano ad alzare lo sguardo”.

L’allestimento e le opere in mostra

L’allestimento della mostra sarà molto particolare. L’obiettivo è ricreare il contesto in cui è nata l’arte di Shamsia Hassani e coinvolgere il più possibile i visitatori della mostra. Le opere saranno esposte tra “macerie” di carta e cartone, a evocare le distruzioni provocate dalla guerra nelle città afghane. Durante la visita saranno imposti alcuni divieti – non parlare, non toccarsi – e bisognerà seguire un  percorso obbligato: un modo per vivere l’esperienza della privazione della libertà, che caratterizza e modella la vita quotidiana delle persone nei regimi autoritari.

Diversi i temi delle opere in mostra. Dalle violazioni dei diritti nel regime talebano alla rappresentazione del fiore – soffione, simbolo della speranza ma anche della fragilità di questa speranza. Dal tema del sogno, raffigurato come il volo di un aquilone o un aereo di carta, a quello della musica, simbolo dell’arte vietata alle donne afghane, fino alla ragione del denaro, che spesso  costituisce l’altra faccia della guerra e delle dittature. Infine, in occasione della festa della mamma, che si celebra proprio domenica, una sezione di opere sarà dedicata a una riflessione sulla maternità e sull’immagine della donna-madre in Afghanistan. 

Dopo la giornata di domenica 14 maggio, nelle due settimane successive, una versione ridotta della mostra sarà visitabile presso la sede del Partito Democratico di via Indipendenza 9 a Lissone. Nell’intenzione degli organizzatori, questa seconda esposizione potrà essere l’occasione per dare avvio a dei momenti di riflessione sulla nostra società, rispetto ai diritti “reali” delle donne e al concetto di “pari opportunità” alla prova dei fatti.

image_pdfVersione stampabile