L’alluvione del 1951: Monza città solidale

di Francesca Radaelli

È la sera dell’8 novembre 1951. A Monza sono diversi giorni che piove, e il fiume Lambro si è ingrossato parecchio. Alle 22 circa avviene l’irreparabile: le acque del Lambro esondano.

I quartieri più vicini al fiume vengono allagati, l’acqua entra nelle abitazioni e nei locali di alcuni stabilimenti. I danni verranno stimati in circa mezzo miliardo di lire.

La cronaca del dramma

Il Cittadino, già all’epoca punto di riferimento tra le testate locali, racconta  così quella notte: “Il Lambro aveva allagato un’estesa area cittadina, ai margini della quale numerose persone cercavano una soluzione per ritornare alla propria abitazione. Le jepp fecero da natanti fin dove poterono giungere. Alcuni giovanotti misero in acqua un canotto americano e tentarono l’avventura. I soldati in assetto di guerra presidiavano i ponti. E la gente guardava nella notte il gran fiume che tuonava e rumoreggiava e fuggiva a grandi onde”.

Ci furono persone, raccontano le cronache locali, che tentarono l’avventura e misero in atto le strategie più disparate per tornare nelle loro abitazioni: “Un automobilista si è cimentato in via Boccaccio in direzione delle Grazie Vecchie. Giunto all’altezza di via Filzi il motore si inceppava di colpo sotto un’ondata. Il malcapitato si affrettava a mettersi in salvo sulla mura del Parco e vi rimaneva ‘appollaiato’ fino all’arrivo dei pompieri”.

Un altro “non esitò ad inoltrarsi nell’acqua vestito com’era”. E poiché il livello dell’acqua saliva sempre più “estraeva il portafogli e proseguiva tenendolo alto nella mano destra. Giunto al cancello d’ingresso l’acqua gli era ormai giunta alla gola”.

Per fortuna l’alluvione non fece nessuna vittima, anche se furono in molti a trovarsi senza una casa a cui tornare. I giornali raccontano che le autopompe lavorarono per 48 ore ininterrottamente e molte industrie monzesi riportarono gravi danni alle loro strutture. Tra queste, ben due tipografie, oltre al cappellificio Cambiaghi, fino al biscottificio Bettini che vide completamente perduti gli ingredienti depositati in magazzino in vista della preparazione dei panettoni natalizi.

Solidarietà verso gli sfollati

Fin da subito si mise in moto la macchina della solidarietà. Ad essere soccorse furono circa 360 persone, alloggiate inizialmente nella scuola De Amicis e in altri edifici cittadini, in seguito nella palestra del liceo Zucchi e dell’istituto Mosè Bianchi, dove furono creati due dormitori. Grazie al Comune, ma anche ad associazioni locali, vennero preparati pasti quotidiani gratuiti per oltre 200 persone. Intervennero le parrocchie, Unitalsi e la San Vincenzo. La sottoscrizione ‘pro alluvionati’ raccolse diversi milioni di lire, e  vi parteciparono anche diversi cittadini privati, sia con l’offerta di denaro, sia di suppellettili personali.

L’alluvione in Polesine

E lo spirito di solidarietà dei monzesi viene nuovamente chiamato alla prova una settimana circa dopo l’alluvione del Lambro. Quando ad essere in difficoltà non sono più i concittadini, ma gli sfollati del Polesine, vittime il 14 novembre di un’alluvione ben più grave. L’esondazione del Po provoca 84 morti nella provincia di Rovigo e circa 180mila persone rimangono senza più una casa.

Un’immagine dell’alluvione in Polesine

E’ allora che scatta in tutta Italia la gara di solidarietà. Anche Monza, reduce dall’alluvione del Lambro, vi prende parte: la città accoglie alcune centinaia di sfollati. Molte famiglie monzesi danno la propria disponibilità ad accogliere i bambini polesani rimasti senza casa, che iniziano a frequentare le scuole monzesi. Altri profughi sono ospitati nel centro comunale di via Raiberti.

Le donazioni per gli sfollati vengono effettuate da persone tutt’altro che ricche. A leggere i giornali locali, si parla di offerte arrivate dai ragazzi delle scuole parrocchiali di san Biagio, ma anche di una profuga della ritirata di Caporetto che offre uno zaino pieno di indumenti, ricevuto da lei stessa nel 1917-18. Fino a un contadino di San Fruttuoso, che ‘sacrifica’ la somma di denaro raccolta per tutta una vita e tenuta da parte in vista di un viaggio a Lourdes…

A Natale la solidarietà dei cittadini di Monza giunge al culmine e consente di raccogliere 10 milioni di lire: 4 milioni vanno agli sfollati monzesi, 6 milioni a quelli del Polesine.

Insomma, per Monza e i monzesi quella dell’alluvione del 1951 è soprattutto una bella storia di solidarietà. Proveniente da un passato in cui Monza, appena uscita dalla guerra, era sicuramente più povera rispetto ad oggi. Ma forse proprio per questo ricca di risorse di umanità e generosità.  

8 novembre 2020

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