Tutto ebbe inizio nel 1920 quando, durante i mesi invernali, la pastorizia si fermava per il freddo e i contadini della val Rendena, in Trentino Alto Adige, emigravano e scendevano a valle.
A piedi, spingendo il carrettino, arrivavano fino alla pianura fermandosi in ogni paese, dormendo dove capitava, all’addiaccio, nelle stalle e nei conventi, per offrire il loro lavoro: affilatura coltelli e lame.
Per 10 anni il padre del signor Alessandro percorre queste strade dalla Val Rendena fino a Monza. Infatti in questa zona, e soprattutto a Lissone, è forte la presenza di molti lavoratori artigiani che abbisognano dell’arrotino per molare gli attrezzi.
Non tutti si fermano nella pianura padana, alcuni compaesani giungono fino al porto di Genova dove incontrano diversi Pakistani, ottimi fabbricanti di coltelli, che hanno naturalmente bisogno di una buona molatura.
Al porto di Genova attraccano numerose navi, sulle quali viaggiano anche i cuochi, che portano dall’India una pietra abrasiva utile per i lavori di precisione. Una di queste pietre, acquistata oltre 70 anni fa, viene ancora oggi utilizzata nel laboratorio da Alessandro e dai suoi due figli Marco e Walter.
Nel 1930 i signori Collini si stabiliscono a Lissone e aprono il primo laboratorio.
Alessandro racconta che verso la metà degli anni ’40, all’età di 10 anni e in veste di garzone, con la sua biciclettina andava a ritirare i coltelli da molare e li portava in laboratorio. Pochi anni dopo, verso i 15 anni, iniziò a lavorare sulla mola.
La ditta si fa un nome nella zona e diversi laboratori e aziende affidano a loro la molatura dei vari attrezzi. Tra le ditte c’è anche la STAR, seguita dal laboratorio Collini fin dall’inizio quando aveva sede a Muggiò.
Anche la ditta ROVAGNATI di Biassono si affida al signor Alessandro e ai suoi figli; il venerdi sera, verso le 18.00, si ritira il materiale per poi riconsegnarlo al sabato mattina. E’ così che i due figli adolescenti Marco e Walter cominciano a dare una mano al padre in laboratorio.
Fino agli anni 70, la domenica mattina era destinata alla riconsegna, nei vari salumifici, dei coltelli affilati ritirati nei giorni precedenti.
In laboratorio si affila di tutto,tutte le misure di coltelli e forbici, dalle lame per la tipografia alle grandi forbici da giardiniere, fino ad arrivare ai piccoli utensili usati nell’estetica.
Ogni coltello, durante l’affilatura, subisce tre passaggi: prima sulla mola, poi sulle pulitrici abrasive e infine a mano con la pietra abrasiva, in alcuni casi si utilizza l’ardesia, si tolgono le bave dalle lame. A volte è necessario battere le lame sull’incudine con il martello per eliminarne le gobbe.
Il rasoio, ultimamente riscoperto da molti giovani e le forbici, sono gli arnesi più difficili da affilare.
Gli strumenti utilizzati nei centri estetici, subiscono un’ulteriore passaggio su un disco di cotone trattato con pasta abrasiva per ottenere l’effetto bisturi.
Le forbici, prima di essere lavorate, devono essere smontate e le due lame affilate separatamente; il lavoro deve essere preciso e calibrato dando la giusta inclinazione per far sì che una volta rimontate taglino perfettamente. Per le forbici occorre malizia che si impara solo con il tempo e la pratica. E’ un lavoro che Marco preferisce fare il sabato mattina, quando in laboratorio c’è calma e tranquillità e può così concentrarsi maggiormente fino a dimenticare la frenesia della settimana.
Testo e fotografie di Giovanna Monguzzi e Stefania Sangalli