Intervista di Daniela Zanuso
Giornata della Solidarietà. Alla luce dei recenti scandali, abbiamo voluto porre qualche interrogativo sul concetto di solidarietà alla filosofa Anna Biffi
CHE SENSO HA OGGI, ALLA LUCE DEGLI SCANDALI RECENTI, DELLA CORRUZIONE, DEL MALAFFARE PARLARE DI SOLIDARIETA’?
Ha senso se a qualcuno interessa. Ci fosse anche un essere umano sulla terra che vuole parlare di solidarietà, fiducia, amore, morte, bellezza, immaginazione, ha senso parlarne. Ma perché parlare proprio di solidarietà?
Perché si vuole capire che spazio ha nelle nostre vite, oggi, che se ne celebra la “festa”? O forse la domanda presuppone che la solidarietà – il Bene, sia stata soffocata, oscurata, da malaffare e corruzione – cioè dal Male?
Non so se c’è una correlazione diretta fra malaffare e solidarietà, per il semplice motivo che la solidarietà è un eccesso; un eccesso di umanità, laddove malaffare e corruzione sono una diminutio di umanità; gli scarti più nefasti dell’impoverimento e del degrado sociale e culturale, forse nemmeno in correlazione diretta con la mancanza di solidarietà, che, per altro, non esiste. Si perché in effetti, la solidarietà non esiste.
E’ un concetto e come tutti i concetti astraggono. In questo, caso a differenza di altri, l’astrazione è quanto di più lontano ci sia dal valore e dal significato che incarna l’essere solidali: persone, volti, braccia, mani, sudore, fatica, pazienza, fragilità di chi dona e di chi riceve un gesto solidale.
Il termine deriva da solidus “intero, compatto massiccio”: obbligazioni in solido, indica il modo d’essere di un rapporto di obbligazione che lega il “destino” di una persona a quello delle altre persone. Da qui si ricava il significato sociale di “vincolo di fratellanza, coesione sociale, reciprocità….” Un rimando molto concreto a un agire che implica un vincolo sociale compatto e massiccio.
Ma è la società umana un corpo intero, massiccio e compatto? Storicamente non mi pare, nel presente tanto meno. Il paradigma valoriale della cultura dominante, per lo meno in occidente, è quello della razionalità tecnico strumentale (dalla scienza, al diritto, dall’economia alla politica, dalla sanità, all’educazione).
Il soggetto, l’Io, con le sue aspirazioni i suoi bisogni, i suoi desideri prevarica nettamente il Noi come collettività umana. Se a questo aggiungiamo che l’Io, come oggetto e soggetto di consumo, ha trasformato l’homo sapiens, con tutto il suo portato di immaginazione e conoscenza, in homo oeconomicus, l’Umanitas, come sentimento comune che unisce gli uomini “in solido” gli uni agli altri, resta decisamente sottotraccia, dispersa nella “liquidita” dei legami sociali, sempre più deboli e sfilacciati.
In questo senso, penso che, oggi, parlare di solidarietà sia pericoloso, poiché si corre il rischio di astrarre, teorizzare: solidale presuppone una tensione sociale e un pudore che nella pratica non è qualcosa di dato ma qualcosa da costruire.
CIO’ NONOSTANTE, MIGLIAIA, ANZI MILIONI DI PERSONE,OGNI GIORNO CONDIVIDONO, PRESTANO LA LORO OPERA CON SENSO SOLIDARISTICO.CHE COSA LI MUOVE, CHE COSA ANIMA ?
E’ vero, sono persone ma non si vedono e non entrano nei palinsesti della rappresentazione sociale collettiva.Per spiegare le ragioni delle loro “imprese”, si potrebbero fare tante ipotesi in ambito psicologico, perché essere solidali attiva in ciascuno vissuti, esperienze, credenze, valori soggettivi profondissimi.
Filosoficamente, potrei dire che l’Umanitas, come filo che lega ogni uomo ad un altro, deborda, tracima, esonda dagli stretti binari in cui, il neoliberismo pare averla imprigionata e scatta la compassione umana, la pietas, che si manifesta e si incarna in uomini e donne solidali con altri.
Tuttavia credo importante evidenziare che ciò può nascere solo da un contatto, fuori da ogni concettualizzazione, poiché chi è solidale ascolta la solitudine, tocca la sofferenza, guarda la povertà, sente l’odore della miseria; quella data dalla mancanza di mezzi economici ma anche quella culturale.
Comportamento pratico, praticato nei secoli da milioni di persone, che resiste oggi, concreto e viscerale come cento anni fa: compromette, chiede di mettersi in gioco, apre le porte delle case, e non ha nulla a che vedere con il vuoto e sterile attivismo delle campagne solidaristiche che si manifestano, per interposta persona, con link o sms.
Il pensiero filosofico e teologico hanno ricercato e dato molte risposte, provando a spiegare le ragioni della solidarietà e, anche oggi che le buone azioni non fanno notizia, la gratuità delle persone solidali continua a meravigliare e a interrogarci. Tuttavia, credo che la risposta non sia stata ancora trovata perché fondamentalmente rimane una trasformazione spontanea dell’umano e, tutto sommato, mi piace pensare che sia un mistero.
PER CHI CREDE, TROVA NEL VANGELO IL SENSO DI QUEL GESTO, MA CHI NON HA LA FEDE DOVE PUO’ RINTRACCIARE QUEL CONVICIMENTO PER ESSERE SOLIDALE,PER ESSERE D’AIUTO AGLI ALTRI, PER ESSERE VICINO AL PROPRIO FRATELLO?
L’idea di solidarietà, in realtà, è un concetto laico, apparso fra il XVIII e il XIX secolo, favorito dall’illuminismo, che come sappiamo, pone al centro la fede laica nella ragione e nel valore della persona nella moderna civitas.
Spesso si associa la compassione alla solidarietà, ma non sono sinonimi.
Se, la compassione, di esplicita matrice cristiana, fondata sul comandamento ama il prossimo tuo come te stesso, non è ambito esclusivo di chi ha fede, a maggior ragione non lo è l’azione solidale, che include una naturale e innata empatia nei confronti di chi soffre.
Inoltre, mentre la compassione è una disposizione dell’essere, che può implicare o no un’azione, la solidarietà è per definizione proattiva e implica un atto; potremmo dire, una compassione che si fa azione.
Una tensione pratica verso chi è fragile e in difficoltà, che, in varie forme, attraversa tutte le culture e le religioni della terra. Possono essere diverse le premesse che muovono le persone ad essere solidali, ragioni religiose, spirituali, politiche, etiche, filosofiche, non la tensione e l’azione filantropica in sé, non la filia, (amicizia), che lega ogni persona all’altra.
Ciononostante, l’essere solidali è un comportamento che non appartiene a tutti e nella stessa misura; può essere favorito o scoraggiato dal contesto ma, come l’amore, nasce fondamentalmente da una mancanza. Si può essere solidali con gli altri esseri umani quanto più abbiamo sperimentato una assenza: la povertà, la fragilità, la sofferenza, la precarietà, il vuoto, la condivisione.
Se guardiamo le nostre vite reali e le vite che il mercantilismo culturale ispira, di cui siamo tutti autori e vittime, vediamo uomini, donne, bambini troppo sazi, isolati, autonomi, appagati, impauriti, per essere spontaneamente solidali con gli altri e rischiare di perdere o regalare ciò che si ha, fosse anche un po’ di tempo.
Eppure non c’è scampo e i veri impavidi sono loro. Pochi o tanti che siano a seconda dei periodi storici e dei luoghi, spontaneamente o consapevolmente, credenti o laici, sono solidali con i loro simili perché sentono e sanno che la condizione umana è comune.
Penso che oggi sia bello lasciarsi provocare dal loro coraggio.