Lasciateci in pace!

di Enzo Biffi

Pochi sono gli atteggiamenti che mi indispettiscono quanto l’ironia di qualche intellettuale nei confronti del movimento pacifista e quindi dei suoi sostenitori.

Snobbati come illusi, bollati di ingenuità e senza mezze parole, additati come stupidi, il dubbio che i pacifisti giochino una parte, consapevoli dei limiti del proprio ruolo, non li sfiora nemmeno.

L’ostentata sicurezza sulle loro lucide analisiperò non li aiuta a capire meglio le ragioni dell’altro e ad evitare scivoli banali e retorici. Le contestazioni al movimento pacifista sono per lo più sempre le stesse, semplici e scontate: la giusta reazione ad un’aggressione, l’impossibilità di un incontro fra le parti ecc.

Ragionando per analogia, non si è mai visto nessun ladro che non abbia una scusa per rubare, quanto nessun nemico che non abbia una giustificazione per le proprie seppur nefande azioni e, la reazione d’impeto dell’aggredito appare quindi naturale. Questa dinamica però, anche se comprensibile, non serve a sciogliere alcun nodo e soprattutto “giustificabile” non è sinonimo di “giusto”.

Intendo dire che lungo qualche migliaio di anni di storia,uomini visionari e forse altrettanto ingenui e idealisti quanto i pacifisti odierni ci hanno lasciato in eredità strumenti alternativi alla sola barbara violenza quali: politica, diplomazia, organizzazioni intergovernative ecc. A noi resta pertanto la responsabilità di praticare ogni alternativa possibile alla legge dell’occhio per occhio.

Vi informo peraltro, che ai pacifisti non sfuggono temi quali: equilibrio delle forze in campo, ragioni geopolitiche, interessi strategici e via dicendo ma solamente si ostinano a pensare che si debba insistere sulla volontà di perseguire la diplomazia e l’educazione al dialogo.

Si dirà a questo punto, con slancio di originalità, che non siamo realisti e che le piazze colorate di slogan e buone intenzioni non hanno mai fermato una guerra e quindi che si è già perso in partenza. Non si pensa mai abbastanza invece che la pace vince sempre: presto o tardi le guerre finiscono, lasciano sciagura e dolore, ma finiscono.

Io credo oltretutto che il fallimento originario dei nostri critici, si annidi proprio nell’ accettazione del reale  e nella sfiducia verso soluzioni che non siano di forza, di violenza. Perde chi parte rassegnato, chi non ha fede nell’uomo e nella sua capacità di migliorarsi.

In questo senso il pacifista vince in partenza perché scardina il gioco, fonda le sue radici nella speranza, nella fiducia e nell’ostinata ricerca del miglioramento di sestesso;la storia dell’evoluzione ce lo insegna.

Se la visione corta sul reale ci mostra solo un limite invalicabile, da sempre il senso della vita è il superamento degli istinti a favore dei pensieri. Essere umani ci impone di allungare lo sguardo lontano, di tendere e sfidare un distante sfuocato anziché un vicino chiaro ma rassegnato.

Insomma: alla vostra rivendicata miopia preferiamo la nostra ostinata presbiopia.

Detto questo continuo a pensare che “l’abisso invoca l’abisso” e quindi, corro volentieri il rischio di perdere la faccia in pace piuttosto che perderla in guerra.

 

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