di Francesco Troiano – illustrazione di Filippo Carletti
Prosegue il romanzo breve “L’aurora nel giardino scuro”. (Per chi le avesse perse e volesse leggere le precedenti ecco la 1a puntata e la 2a puntata).
PUNTATA 3 – COLLI INCROCIATI
28 aprile 2019 ore 7
Gregorio, si era intrattenuto dalle parti dell’Abbazia perlustrando e facendo il punto della situazione, ma si rimise ben preso in cammino.
Conosceva benissimo quella carezza di nebbia al mattino. Ogni pianta, ogni filo d’erba coperto di rugiada, quel cielo dell’alba di fine aprile ancora stordito dai raggi della luna e voglioso di sole, erano le bussole del suo viaggio insensato.
Le indicazioni di Fra’ Giacomo lo avevano portato sulla direzione dell’Astigiano. Aveva superato la cappella di Santa Cecilia ed era arrivato nei pressi di un castello che era una mescolanza del mistero del Castel del Monte pugliese e dell’imponenza militare dei Castelli Sforzeschi di Milano o di Pavia.
Il cartello informativo non lasciava adito a dubbi:
“Castello dell’Arianna. Visite dalle ore 14,30 alle 19,00 per gruppi di sei persone. Tariffa euro 10. Prenotazioni al numero ecc., ecc.”
Poiché il portone d’ingresso al cortile era tranquillamente spalancato, Gregorio varcò la soglia senza pensarci un attimo e si trovò nel classico cortile di un castello, con al centro una statua dedicata a Teodoro Paleologo, marchese del Monferrato e una fontana in ferro battuto di fattura pregevole. Soltanto lo scoscio dell’acqua interrompeva il silenzio di quel deserto di umani e perfino degli uccelli, di solito, frequentatori svolazzanti di queste residenze.
Una delle porte di accesso al palazzo era socchiusa.
Gregorio non stette a pensare neanche in questo caso e, con una spinta silenziosa, entrò nel salone degli scudi. Le prime due cose che saltavano all’occhio erano un camino enorme dove ci si poteva sedere all’interno e il finestrone sulla Langa. Fra le piastre delle pareti affumicate, campeggiavano tre scudi bellissimi di famiglia e in cima alla cappa una lapide con incisa l’iscrizione “PATER AD CASTRUM”.
Una brioche dormiente nello zaino, comprata da Teresa, fu svegliata da Gregorio, il quale, con lentezza scartò e iniziò a gustarsi il dolcetto con calma davanti allo spettacolo della grande finestra.
Il viso di mezzo profilo fu illuminato da una lama rosata che invadeva il salone come un miracolo improvviso. Attraverso i vetri, in prossimità di una valletta, si accorse di due asini che brucavano tranquilli contro l’orizzonte. Prese il quadernetto e tratteggiò uno schizzo di quell’immagine e quella postura: uno fronte all’altro con i colli incrociati.
“E lei? Come ha fatto a entrare, cosa sta facendo?”
Gregorio, con un sorriso accomodante, si voltò di scatto verso la guardia giurata nel turno del mattino.
“Buongiorno. Mi chiamo Gregorio Del Canto. Provengo dall’Abbazia di Torrescano, e ora, sto ammirando l’alba e due asini con i colli incrociati.” Così dicendo puntava il dito verso la finestra.
La guardia seguì la direzione del dito per controllare, ma nella valletta non c’era anima viva.
“Va beh, e io sono Giuseppe Garibaldi. Cià, ora chiamo la polizia e vediamo se poi avrà ancora voglia di fare lo spiritoso…”
“Scommetto che lei ha conosciuto mio padre. Si chiama Antonio e so che ha dormito in questo luogo”.
La guardia si bloccò dal comporre il 113.
“Si, certo. Il signor Antonio. Il musicista. Sono stato io a lasciarlo dormire nella zona della legnaia. Un brav’uomo. E lei, quindi, sarebbe il figlio…”
“Già…”
“Talis pater…sembra che il vagabondaggio sia un hobby di famiglia”
“Mio padre risulta scomparso per un problema cerebrale…”
“Mi scusi”. Rimise il cellulare in tasca e con un’espressione contrita fissò Gregorio, il quale, si era rimesso di fronte ai vetri chiedendosi, gli asini, dove diavolo si erano cacciati…
“Suo padre era passato da queste parti per andare ad assistere al concerto della banda di Moncalvo.”
“Suonava la tromba con mio nonno”
“ Anch’io suono nella banda del mio paese”
“Perché, non è di qui?”
“No, sono di Santo Stefano. A venti chilometri”
“E cosa suona?”
“Il clarino”
“In che condizioni era mio padre?”
“Molto affaticato. E molto affamato. Gli ho portato dei panini e un paio di bottigliette d’acqua. Barba lunga, insomma, un po’ trascurato, ma niente di preoccupante. L’ho aiutato perché mi sembrava un bravo signore. Dopo che se n’è andato ho avvertito la polizia perché qualcosa mi diceva che poteva essere uno di quelli che spariscono e cercano in televisione o si leggono sui giornali”
“Ma le ha detto qualcosa? Non so, verso dove si sarebbe incamminato?”
“Sul retro del castello c’è un sentiero abbastanza comodo che arriva a un vecchio sito della guerra con le trincee e qualche galleria. I vecchi del paese un po’ fissati per queste cose vanno ancora a cercare qualche reperto. Un elmetto, una medaglietta, e se sei fortunato magari scovi un portafoglio con dentro i soldi.
I biglietti da una lira e mille lire tenuti bene, un antiquario, te li paga discretamente. Non mi ricordo perché è saltato fuori il discorso. Forse era stato lui a dirmi che questi luoghi gli ricordavano i tempi della guerra. Gli ho allora raccontato di questo posto e lui mi ha chiesto subito come ci si poteva arrivare. Non so dirle altro.”
Gregorio fece “ok” con la testa. Radunò la cartaccia e pulì il tavolo medioevale delle briciole della sua brioche. “Lasci , lasci… ora arriva la signora delle pulizie.”
“La ringrazio signor…”
“Umberto”
“Grazie mille Umberto. E mi scuso, per tutto quanto…”
“Vada, vada, e cerchi di trovare il suo papà.”
Gregorio sorrise ancora e uscì dalla porta azionata dalla guardia.