di Paola Biffi
Sul carcere si dice sempre troppo o troppo poco, è difficile non perdersi in un discorso pieno di contraddizioni, forse perché il carcere è ad oggi una delle dimensioni sociali ancora più controverse.
Tra il parlarne troppo o stare in silenzio la scelta migliore rimane comunque la prima: la riflessione sul sistema penitenziario e riabilitativo, sulle condizioni di vita dei detenuti, sui doveri legali e morali della comunità dev’essere costante e sempre attiva.
Per queste ragioni il progetto della Casa Circondariale di Monza e Brianza, presentato in una luminosa sala dello Sporting Club martedì 27 giugno, ha ragione di essere ascoltato, promosso e condiviso, perché rappresenta la messa in campo non solo di intenzioni ma di una concreta attività di confronto e ricerca per garantire nuove opportunità ai detenuti che hanno finito di scontare la pena.
Il convegno “Il lavoro in carcere, un’occasione per tutti” ha visto la partecipazione di diverse figure, istituzionali e non, unite dall’obbiettivo di far conoscere la necessità sociale e umana di permettere ai detenuti una possibilità di cambiamento e riabilitazione grazie al lavoro. Il lavoro, come ha sottolineato il Prefetto di Monza e Brianza Giovanna Vilasi, è infatti l’anello di congiunzione tra il carcere e la società, il forse unico strumento in grado di creare una strada tangibile di allontanamento dalla delinquenza. La cittadinanza tutta ha il dovere morale di concorrere e contribuire a rendere possibile questo cambiamento.
Il neo-sindaco Dario Allevi, che ha aperto il convegno, ha ricordato la difficoltà incontrata nel trovare imprese disponibili a partecipare a un bando che incentivava l’assunzione di ex detenuti, rifiutando un’opportunità non solo per chi è assunto ma anche per chi assume.
Per questi motivi la Casa Circondariale di Monza è giunta alla conclusione, che è poi diventata un inizio, di dover necessariamente creare una rete di confronto e ricerca tra i diversi enti impegnati nel progetto di reinserimento, come spiega Maura Traverso, Presidente della Camera Penale di Monza. Avvocati, giudici, commercialisti, rappresentanti di imprese, educatori e detenuti si sono seduti a tavolino per capire quali sono i punti da seguire e da evidenziare per migliorare il reinserimento lavorativo degli ex detenuti.
Il direttore della Casa Circondariale Maria Pitaniello, ricordando l’Articolo 27 della Costituzione, ha sottolineato come il lavoro sia la dimostrazione attiva di un cambiamento, il motore stesso che trasforma l’impotenza in utilità, la vera chiave di apertura della cella.
Come dalla teoria passare alla pratica è stata la domanda che ha interessato la seconda parte del convegno, aperta dalle testimonianze di Marco Brivio, responsabile della Cooperativa Sociale 2000 e Alberto Biella, della Cooperativa Sociale Re Tech Life, che collaborano con la casa circondariale offrendo ad alcuni detenuti dei posti di lavoro dentro e fuori il carcere. Il lavoro, secondo Marco Brivio, è un modo per diminuire la distanza fisica e mentale da un luogo che è spesso nascosto e dimenticato, per questo la Cooperativa segue una serie di attività all’interno della struttura penitenziaria, quali per esempio la lavanderia, un laboratorio di imballaggio del legno, una falegnameria; attività manuali, pratiche che trasformano concretamente una volontà astratta in un oggetto tangibile.
La Cooperativa Re Tech Life si occupa invece del percorso di reinserimento lavorativo di ex detenuti, aiutandoli trovare posti di lavoro stabili e soddisfacenti: Alberto Biella ha infatti sottolineato quanto un posto di lavoro, uno stipendio, una stabilità economica anche minima siano la componente essenziale per abbattere la recidiva e uscire realmente dalla delinquenza.
La parola è poi passata a Federico Ratti, Presidente dell’ordine dei Commercialisti di Monza, e a Daniele Trezzi, Presidente dell’Ordine dei Consulenti del lavoro di Monza, i quali hanno definito i procedimenti legislativi che un’azienda deve compiere per assumere un ex detenuto, incentivata da un credito di imposta per le imprese di circa 520 euro. Ratti ha sottolineato la chiarezza della legislazione in merito, una semplificazione che ha il senso di motivare l’impresa all’assunzione dei nuovi lavoratori.
L’assistenza di tipo normativo però, secondo il Magistrato Emanuele Mancini, non è sufficiente se manca la fiducia da parte dell’azienda verso il nuovo assunto. La diffidenza è infatti comprensibile anche dagli stessi detenuti che hanno partecipato al gruppo di lavoro, e bisogna creare anche in questo senso dei canali di avvicinamento alla realtà penitenziaria, una rete che riesca a trasmettere fiducia nell’imprenditore.
In conclusione i relatori del convegno hanno deciso di dare parola ai veri protagonisti dell’incontro, circa 30 detenuti che lavorano presso le cooperative sopracitate e che hanno voluto raccontarsi attraverso una rappresentazione teatrale frutto di un progetto “S’Oggetti Smarriti…S.O.S.” promosso dall’area educativa della Casa Circondariale di Monza, tenuto da Elisa Candida, regista e autrice dei testi insieme ai detenuti. Così, i tecnicismi, i dati, le parole importanti ma anche complesse, si sono trasformate in pane, masticate nelle scene di vita quotidiana rappresentate su un palco costruito da pochi, finalmente semplici, oggetti.
“Carlos: sei lì seduto sul letto, prima eri seduto sulla sedia, poi ti ho sentito, di là, eri seduto sul cesso. Lamai: tu ci stai delle ore al cesso, a me si blocca la circolazione, a te no? Carlos: Dico si può vivere così? sdraiato, seduto sul letto, poi sulla sedia, poi sul cesso.”
“Ivan: -Lascia che ti dica cosa succede domani, ok? Li ho contati io, anche per te. Li ho contati quando sono entrato. Ho fatto fatica a non perdere il conto, lo sai, qui in cella ci si arriva a tappe: l’osservazione, l’infermeria, la sezione, la cella, sembra una via crucis! Lamai: -cosa hai contato? Ivan -i passi. Sono 4598 passi, passo più passo meno. Ora tu li devi percorrere al contrario. Lamai -per andarmene Ivan -esatto! Un piede davanti all’altro, ma questa volta contali anche tu. Un respiro un passo, un respiro un passo, osserva tutto in torno a te, prendi nota per l’ultima volta dello squallore e della solitudine che ti lasci alle spalle.”