di Francesca Radaelli
Ventuno su 556. Tante furono le donne che a partire dal 1946 parteciparono alla scrittura della nostra Costituzione. Poche, per la verità. Eppure capaci di incidere su alcune formulazioni degli articoli costituzionali.
Con queste 21 donne e la loro storia si è aperto lo scorso 25 settembre il nuovo ciclo di incontri dell’ultimo lunedì del mese, dedicati al tema “Donne per i nostri giorni”. Una serie di appuntamenti ormai tradizionali per la città di Monza, organizzati dalla Caritas presso l’oratorio di S.Biagio, quest’anno con la regia della Fondazione Monza Insieme.
Una serata dedicata all’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, scomparso i giorni scorsi. In apertura dell’incontro don Augusto Panzeri della Caritas ha voluto ricordare in particolare uno dei meriti del presidente, quello di aver fatto incontrare per la prima volta nel 2009 Licia Pinelli e Gemma Calabresi, due donne che, abbracciandosi, lanciarono un fortissimo segnale di pacificazione all’Italia intera.
Ma le grandi protagoniste dell’incontro sono state Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Maria De Unterrichter Jervolino, Filomena Delli Castelli, Maria Federici Agamben, Nadia Spano Gallico, Angela Gotelli, Angela Maria Guidi Cingolani, Nilde Iotti, Teresa Mattei, Angelina Merlin, Angiola Minella Molinari, Rita Montagnana Togliatti, Maria Nicotra Verzotto, Teresa Noce Longo, Ottavia Penna Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio.
Un libro per costruire la memoria dei giovani
A queste 21 donne, “Madri Costituenti”, è dedicato il libro appena pubblicato da Angela Iantosca e Romano Cappelletto per le Edizioni Paoline: “Ventuno: le donne che fecero la Costituzione”. Proprio i due autori, la prima giornalista e scrittrice, il secondo addetto all’ufficio stampa delle Edizioni Paoline, hanno spiegato ai presenti la scelta di parlare di queste donne, ora quasi sconosciute ai più, ma a cui l’Italia deve davvero tanto.
A moderare l’incontro Daniela Mazzucconi, ex docente, ex sindaca di Usmate Velate e parlamentare. “A colpirmi di questo libro è stato innanzi tutto il genere letterario, poiché non si tratta di un libro biografico, ma di una lettera-discorso indirizzata ai giovani”, ha sottolineato. “In secondo luogo è sorta in me una riflessione sul concetto di genere nella società di oggi, non più all’insegna dell’opposizione uomo/donna, ma all’insegna della fluidità”.
Il giornalista Fabrizio Annaro, introducendo l’incontro ha paragonato il libro, in cui ognuna delle protagoniste parla in prima persona, a una sorta di Antologia di Spoon River, sottolineando lo spirito di passione per la giustizia che animava queste donne e che oggi sembra spesso perduto.
Dalle parole dei relatori emerge soprattutto il fatto che queste donne sono state capaci di camminare insieme per le battaglie comuni, pur rimanendo consapevoli delle differenze ideologiche dei loro partiti.
“Si trattava di donne elette con un sistema elettorale basato sulle preferenze”, ha sottolineato Daniela Mazzucconi, “che hanno raccolto molti voti grazie alle loro attività sul territorio e che sono state candidate dai colleghi di partito uomini proprio perché avrebbero portato tanti voti”.
Perchè un libro sulle donne della Costituente?
Quella sul perché è la prima domanda a cui i due autori sono chiamati a rispondere. Perché parlare di queste donne che ormai sono in gran parte sconosciute?
“L’idea è nata in me nel corso di un incontro della Fondazione Nilde Iotti, proprio relativo alle donne dell’assemblea costituente, di fronte alla passione politica dell’intervento di un’altra donna allora presente, Livia Turco”, racconta Angela Iantosca. “Credo fermamente che la memoria e la conoscenza della storia debbano essere la base per costruire il futuro. Dimenticare il passato vuol dire ricominciare sempre da capo”.
Un esempio emblematico è la figura di Adele Bei: “Fu lei la prima a pretendere di essere chiamata “senatrice” invece che “senatore” e “lavoratrice” invece che “lavoratore”: temi su cui si discute polemicamente ancora oggi!”
Nel progetto di un libro pensato per far conoscere le storie di queste donne ai ragazzi di oggi, Angela Iantosca ha deciso di coinvolgere anche un uomo, Romano Cappelletto, poiché “i diritti di una parte riguardano sempre tutti, i diritti delle donne non riguardano solo le donne”.
“Ho detto subito di sì alla proposta”, conferma Romano Cappelletto. “Sono convinto che noi italiani siamo bravi a difendere la nostra Costituzione ma facciamo molta fatica a leggerla. Io l’ho fatto e me ne sono innamorato. Allo stesso modo, non conoscevo le madri costituenti e mi sono appassionato alle loro storie”.
Cita poi le donne della Resistenza, un altro contributo femminile alla storia d’Italia non abbastanza conosciuto e riconosciuto: “Secondo l’Anpi furono almeno 70mila le donne che fecero la Resistenza, eppure solo 19 sono quelle medagliate”.
Alcune protagoniste
Romano Cappelletto legge quindi gli interventi pronunciati da alcune delle 21 donne durante l’assemblea Costituente. Colpisce quello di Maria Agamben che, parlando dell’articolo 33 diceva: “Da qui a pochi anni noi dovremo perfino meravigliarci di aver introdotto questo articolo nel testo costituzionale e per avere dovuto sancire nella Carta Costituzionale che a due lavoratori di sesso diverso, ma che compiono lo stesso lavoro, spetta un uguale retribuzione”. Una previsione troppo ottimistica la sua, considerato che oggi, a 75 anni di distanza, l’Istat attesta che a parità di mansione la donna guadagna in media il 12% in meno rispetto all’uomo. E troppo poco, forse, oggi ci si meraviglia.
A proposito di un’altra madre costituente, la socialista Bianca Bianchi, Romano Cappelletto ricorda che alle elezioni ottenne il doppio dei voti del compagno di partito Sandro Pertini: in seguito a questo “successo” il Partito le fece firmare una lettera di dimissioni in bianco, in caso le sue opinioni non si fossero allineate con la linea del partito. E di lei, che era chiamata “la bellissima” dai padri costituenti, ma era anche un’ottima oratrice, le cronache giornalistiche, dopo essersi soffermate su pettinatura e abbigliamento, dicono soltanto che con la sua presenza “ingentiliva l’austerità di quegli scranni”.
Eppure, malgrado l’aria di sufficienza con cui spesso venivano guardate dai colleghi uomini, queste 21 donne, il 3% dell’intera assemblea Costituente hanno dimostrato che combattere e farsi valere è possibile. E sono riuscite a compiere dei piccoli miracoli.
L’impronta delle donne nella Costituzione
Il miracolo si vede negli articoli costituzionali in cui, grazie al lavoro delle madri costituenti, più presente è la tutela delle minoranze: l’articolo 3 innanzi tutto, e poi 20, 30, 31, 37, 48, 51.
Nel dibattito sulle pari opportunità delle donne di accedere alle professioni e agli uffici pubblici, Angela Iantosca ricorda gli interventi di qualche parlamentare uomo, secondo cui le donne non sarebbero adatte a tutti i tipi di lavoro, in particolare nei tribunali, per “mancanza di raziocinio mensile”. Ma la giornalista ricorda anche come la collaborazione con i magistrati delle donne provenienti dalla ‘ndrangheta calabrese sia cominciata solo grazie alla presenza di donne in magistratura: “Le donne hanno avuto accesso alla magistratura solo nel 1963: questo è un danno per tutta la giustizia italiana!”, conclude.
Il punto chiave alla base delle conquiste delle donne è l’articolo 3:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua , di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Determinante per l’inserimento del principio di uguaglianza senza distinzione di sesso fu Teresa Mattei, che, appoggiata dalle altre madri costituenti, si battè anche per l’introduzione dell’espressione “effettiva partecipazione”. Le era ben chiaro che per far valere i diritti non basta l’enunciazione astratta dei principi, ma occorre lavorare per la loro attuazione concreta.
Ritardi e ostacoli ai diritti
Anche sul piano dei principi, però, c’è stato tanto da aspettare: “Solo dal 1996 la violenza sessuale è un reato contro la persona e non contro la morale”, ricorda Iantosca. “Solo nel 1981 è stato abrogato il delitto d’onore. E solo nel 2012 i diritti dei figli nati fuori dal matrimonio sono stati equiparati a quelli di tutti gli altri figli”.
Accanto alle madri costituenti, Romano Cappelletto ricorda anche la figura di Maria Montessori e la battaglia che intraprese nel 1906, quando venne introdotto in Italia il suffragio universale, perché le donne potessero andare a votare e si candidarsi, non esistendo alcuna norma che lo vietasse: “La sentenza positiva del tribunale di Ancona, che avrebbe permesso alle donne di partecipare già allora alla vita politica, venne però stralciata dalla Cassazione”, ricorda Romano Cappelletto. “La motivazione fu che l’esclusione delle donne dalla vita politica era un fatto talmente naturale che non c’era bisogno di nessuna legge per sancirlo”.
Donne in politica: cos’è cambiato?
La riflessione sulla presenza delle donne in politica oggi, a questo punto, è d’obbligo. Il presidente del Consiglio italiano è donna (anche se, sottolinea Iantosca non vuole che la sua carica sia declinata al femminile) e donna è anche la segretaria del principale partito di opposizione. Un bel progresso, sembrerebbe. “E’ un fatto positivo solo se il ruolo ricoperto da una donna viene utilizzato in modo da coinvolgere altre donne e per il bene dell’intera società”, precisa Angela Iantosca. “Ma in generale oggi vedo molta confusione su cosa voglia dire essere una donna che fa politica. Teresa Mattei, che si interrogava su “cosa vogliamo essere per la società” sosteneva che le donne non dovrebbero voler essere come gli uomini e cercare di assomigliare a loro”.
E Daniela Mazzucconi pone amaramente in relazione l’aumento di numeri dei sindaci donna in Italia con una concezione della politica sentita come sempre più residuale. “Dovremmo tornare alle parole dei padri e delle madri costituenti per domandarci che cosa significa fare politica”, risponde Romano Cappelletto. “Pietro Calamandrei disse che la Costituzione era nata dal sangue della Resistenza e le madri costituenti avevano un altissimo senso di responsabilità e anche di libertà nel portare avanti battaglie comuni al di là dei partiti di appartenenza”.
La lettura delle parole di Giorgio Napolitano rivolte ai giovani rispetto alla politica chiude la serata. Una bella occasione per pensare alla politica come uno “strumento proprio dell’uomo per promuovere il bene della società in cui vive”. Anche in chiave femminile.