O. viene dalla Nigeria e ha 38 anni. Ha lasciato il luogo dove è nato e cresciuto per cercare una speranza, un futuro migliore in Europa. Gli piace l’Italia perché, racconta, è il Paese che l’ha salvato dalla Libia. Anche se all’inizio le difficoltà non sono mancate: abituarsi a un’alimentazione diversa e a una lingua nuova e difficile da imparare non è stato semplice. Tutt’altro. In Brianza ha però trovato molte persone disposte ad aiutarlo e lui apprezza molto l’attenzione che sente intorno a sé.
Da giugno O. vive in un appartamento a Seveso. Dice che da quando abita in quella casa ha iniziato a sentirsi più italiano. Si sente ormai così italiano che, racconta scherzando, ormai non può stare troppi giorni senza mangiare pasta. Con lui ci sono altri giovani e come O. vengono anche loro dalla Nigeria. Insieme si occupano delle mansioni domestiche, tengono in ordine l’abitazione e cucinano. Lasciare le strutture di prima accoglienza significa iniziare un cammino di autonomia e indipendenza, significa sentirsi una persona e non un migrante. Come la maggior parte dei richiedenti protezione internazionale accolti in Brianza, ora il desiderio di O. è trovare un impiego, qualsiasi impiego, anche se non gli dispiacerebbe tornare a fare il meccanico, il lavoro che svolgeva in Nigeria.