di Alfredo Somoza
Il litio è il più leggero dei metalli. Abbondante in natura, ma fortemente concentrato in poche regioni del pianeta, ha cominciato a essere usato in tempi recenti. È stato scoperto dall’industria bellica convenzionale durante la Seconda Guerra Mondiale per poi diventare vitale nella fabbricazione di ordigni nucleari. Anche l’industria civile utilizza il litio per ridurre la temperatura di fusione di vetro e ceramiche e per potenziare le capacità dell’olio per motori. Ma il vero boom di questo minerale alcalino è legato al mondo degli accumulatori di energia. A partire dal 2000 circa, gli ioni di litio sono diventati parte fondamentale delle batterie che alimentano gli smartphone e tutti gli altri apparecchi elettronici di ultima generazione. Ora il suo impiego sta conoscendo un ulteriore rilancio con la rivoluzione dell’elettronica applicata all’automobile. Le batterie che muovono i veicoli ibridi e quelli elettrici sono fabbricati col litio, materia prima di base che al momento non conosce rivali.
E qui si passa alla geopolitica, perché nel mondo i Paesi che hanno grandi disponibilità di litio sono l’Australia, la Cina e, soprattutto, tre Stati del Cono Sud, il triangolo meridionale del Sudamerica: Bolivia, Cile e Argentina. Insieme dispongono di riserve per almeno 15 milioni di tonnellate, più di metà del totale sfruttabile conosciuto a livello mondiale. In Bolivia, nel solo Salar di Uyuni, un deserto di sale, si calcola che vi siano tra i 5 e i 9 milioni di tonnellate di riserve.
.In Borsa l’aumento globale del parco automotore elettrico e soprattutto le previsioni di sviluppo del settore hanno già fatto scoppiare la febbre del litio, con il raddoppio del prezzo internazionale tra il 2016 e il 2017. Ora è sceso in campo il maggiore produttore mondiale di auto elettriche, la californiana Tesla, che ha avviato trattative per investire nella società cilena Sociedad Química y Minera, il maggiore fornitore mondiale di litio per batterie. Tesla non è l’unica azienda a muoversi in questa direzione: la prima casa automobilistica cinese, Great Wall Motors, possiede già il 3,5% dell’australiana Pilbara Metals, mentre la giapponese Toyota detiene il 15% della Orocobre, australiana con operatività in America Meridionale.
Le case europee puntano invece a garantirsi la fornitura di cobalto, altro metallo utilizzato per le batterie delle auto elettriche. La tedesca BMW sta firmando contratti per assicurarsi il rifornimento per i prossimi 10 anni. Il primo produttore di cobalto non si trova in America ma in Africa: è la Repubblica Democratica del Congo, che dispone di più di metà delle riserve mondiali. L’altro colosso tedesco, la Volkswagen, non è ancora riuscita nel suo tentativo di assicurarsi i rifornimenti. Il tutto sta avvenendo in sordina, ma tendenzialmente le cose si complicheranno, visti l’aumento dei prezzi delle materie prime e il numero relativamente esiguo dei fornitori.
Intanto, nel cuore delle Ande sta nascendo un nuovo Medio Oriente. O un nuovo Eldorado, a 500 anni dal saccheggio coloniale delle miniere sudamericane. Come la Storia ci insegna, la corsa al petrolio è stata foriera di conflitti e sciagure, con poche eccezioni, per molti popoli che ne possedevano i giacimenti. Ora è il tempo del litio. Al momento non si ipotizzano conflitti per il suo controllo, ma sempre la Storia ci ricorda che alla fine dell’800 vi fu una guerra tra Cile, Bolivia e Perù per il controllo dei grandi giacimenti di salnitro che si trovavano al confine fra i tre Paesi, all’incirca nella stessa zona dove oggi si estrae il litio. Con il salnitro si fabbricavano polvere da sparo e fertilizzanti, due prodotti vitali per la rivoluzione industriale e l’espansione coloniale. Oggi il litio anticipa un’altra era, quella del superamento del motore a scoppio, ma i timori che i meccanismi di appropriazione di questa risorsa possano ripetere il solito copione è alto. Solo il tempo ci dirà se i Paesi dove si trova il metallo della svolta sostenibile saranno, tra qualche decennio, davvero più ricchi o se dovranno ritenersi ancora una volta saccheggiati.