di Elena Borravicchio – foto ragazzi dell’istituto Meroni di Lissone
La straordinaria intensità di Cinzia Spanò ha tenuto tutti i convenuti al Binario 7 incollati alle sedie della sala Picasso, nel pomeriggio di sabato 16 novembre, durante la sconvolgente lettura scenica di uno stralcio dello spettacolo “Tutto quello che volevo”.
Presenti molte donne, prime fra tutte le coraggiose componenti dell’associazione ArcoDonna, ideatrice dell’iniziativa, e alcuni uomini. Impossibile non commuoversi di fronte all’evidenza dei fatti emersi, ahimè travisati dai principali media (così tanto da portare il Garante della Privacy a formulare l’accusa di “sciacallaggio”).
Il caso è quello clamoroso del giro di prostituzione minorile, a Roma, nel quartiere Parioli, nel 2013. La vicenda risveglia la coscienza della giudice Paola Di Nicola, che coglie il tranello di una comunicazione viziata da una visione di genere violenta, di una percezione sociale viziata dalla stessa visione, di un approccio alle professioni marcatamente maschilista, di una interpretazione di cose e persone tutte quante “monetizzabili”, senza distinzione.
Si esprime così Spanò/Di Nicola: «Com’è possibile risarcire quello che ha barattato per denaro dandole altro denaro? Se io adesso dispongo di risarcirla in questo modo non farei che ripetere la stessa modalità di relazione stabilita dall’imputato con la vittima, rafforzando in lei l’idea che tutto sia monetizzabile, anche la dignità. E come può inoltre il denaro proveniente dall’imputato, il mezzo cioè con cui lui l’ha resa una merce, rappresentare per quella stessa condotta il risarcimento del danno?». E formula la rivoluzionaria sentenza: l’attribuzione alla parte lesa non già di quattrini, bensì di pietre miliari della letteratura e del cinema al femminile, nella speranza illuminata che la ragazza ritrovi la sua dignità e la consapevolezza della ricchezza che il Femminile porta con sé.
È la giudice stessa a raccontare tutto questo, nella tavola rotonda seguita allo spettacolo, e a svelare che il pregiudizio è ancora ben presente e serpeggiante, anche in noi stessi. Ha inoltre interagito con il pubblico ed in particolare con gli studenti della scuola IIS-IPSIA Meroni di Lissone, impegnati in un progetto sul pregiudizio di genere.
Nel corso del pomeriggio è stato presentato l’ultimo libro della giudice “La mia parola contro la sua – Quando il pregiudizio è più importante del giudizio”, frutto della sua ventennale esperienza in magistratura e dello studio di più di 200 sentenze.