di Francesca Radaelli
Il 14 dicembre 1955 l’Italia entra a far parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Il presidente della repubblica di quell’anno è Giovanni Gronchi, il governo è guidato da Antonio Segni. Il traguardo è storico, raggiunto al termine di un percorso travagliato, risultato di una lunga azione diplomatica, dispiegatasi nel corso di un decennio intero.
Le Nazioni Unite si erano costituite ufficialmente nel 1945 a San Francisco, nel corso di una conferenza in cui fu adottato ufficialmente lo statuto dell’Onu. Già al termine della Prima guerra mondiale si era costituita la Società delle Nazioni, il primo organismo sovranazionale nato allo scopo di tutelare la pace mondiale.
L’Italia che all’interno della Società delle Nazioni era membro permanente del Consiglio, non venne però invitata alla conferenza di San Francisco, malgrado avesse terminato la Seconda guerra mondiale schierata a fianco dei vincitori. Fin dal 7 maggio 1947 il nostro Paese presentò la domanda di ammissione alle Nazioni Unite. Ma la richiesta fu respinta più volte, nonostante il parere favorevole espresso dalla Corte Internazionale di Giustizia il 28 maggio 1948. Eppure l’Italia non solo aveva tutti i requisiti previsti, ma fin dal 1946 ospitava anche un’importante agenzia specializzata dell’Onu, la Fao, e dall’Assemblea Generale era stato nominata nel 1949 potenza amministratrice della Somalia. Allora perché l’Onu continuava a dire no all’Italia?
La situazione era nei fatti piuttosto complicata, sulla scena internazionale dominava la guerra fredda e ogni azione diplomatica poteva essere portata avanti solo camminando sopra un filo, come un equilibrista al circo.
Nel dettaglio, a porre il veto sulle richieste di ammissione presentate dal nostro Paese erano Stati Uniti e Unione Sovietica, per motivazioni differenti. Da un lato l’Urss puntava a mantenere il rapporto numerico tra le forze nei due blocchi, dall’altro gli Stati Uniti volevano compiere un’analisi precisa per ogni singola domanda di ammissione, che provenisse dal blocco occidentale o da quello orientale. Una terza posizione, sostenuta dal Canada, era più moderata e sosteneva che dovesse comunque prevalere il carattere universalistico dell’Onu.
Ed è proprio sulla base di un progetto del Canada che si giunge, nel 1955, all’approvazione dell’ingresso italiano all’Onu. Nella stessa occasione, insieme all’Italia, sono ammessi nelle Nazioni Unite altri 15 stati, tra cui i satelliti dell’Unione Sovietica. In quell’occasione, senza dubbio, il nostro Paese compie uno dei passi più importanti nell’adempimento di uno dei principi fondamentali – espresso dall’articolo 11 – della Costituzione italiana, varata proprio al termine della seconda guerra mondiale:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”.
Francesca Radaelli