Lucille

di Eleonora Duranti

Edward Robert Hughes è, innegabilmente, indiscusso cultore di Bellezza e di Perfezione. Aderendo alla concezione pittorica dei Preraffaelliti e ai canoni dell’Estetismo, infatti, Hughes cosparge ognuna delle proprie opere di polvere di luminosa magia e arcano mistero…

È calata la notte sulla Salpêtrière e, sebbene nei vicoli regni il silenzio, per le alte volte dell’ospedale i lamenti dei malati risuonano gutturali e straziati.

Le brande sono tutte occupate; non sono che ammassi di bende macchiate e coperte pulciose e si susseguono uno accanto all’altro fino all’altare sul fondo, sotto il rosone.

Il russare monotono degli allettati è spezzato di continuo da gemiti e imprecazioni e l’Hôpital si trasforma, così, in un conservatorio infernale, dai toni bassi e dai ritmi cupi.

Non è una bella musica.

Eppure, non soffre soltanto l’udito.

Gli odori più nauseabondi si miscelano in un tanfo letale per i non avvezzi. Le consorelle e i cerusici sono i soli a sopportare il miasma di cui trasudano le pareti, cosparse di ruggine e muffa; a differenza di noi, comuni e schizzinosi mortali, loro si fanno carico della faccia più terrificante della vita umana.

Sono anime pure, loro. Anime che risplendono alla luna e che rischiarano il buio non appena giungono con ceste di pane e brocche d’acqua fresca tra le braccia. Alla loro presenza, l’aria diventa all’improvviso più leggera e le fiammelle dei ceri si ravvivano, quasi uno spirito fatuo benedicesse e approvasse la loro missione.

Lucille era una di queste creature celesti… Una di queste creature che rendono il ricovero della Salpêtrière un po’ meno tetro e un po’ meno tragico.

Si aggirava tra le lettighe con la grazia di un angelo, la mia Lucille, e dispensava parole di conforto anche a quei poveri diavoli che le sputavano sulla gonna o la insultavano per la sua, fiorente, giovinezza.

Era ancora una fanciulla, infatti, Lucille… Aveva lunghi riccioli scuri e dolci occhi cerulei e seni che cominciavano a premere contro le stecche del corsetto.

Lucille non avrebbe dovuto stare qui. Non avrebbe dovuto sporcarsi le mani, insozzarsi le scarpine. Non avrebbe dovuto esporsi al rischio delle febbri e dei batteri che si annidano tra questi stanzoni fatiscenti.

Ma, come ho detto, Lucille era una creatura celeste, un angelo custode, una figlia del Cielo mandata dal Signore per alleviare le pene terrestri.

Le mancavano soltanto le ali… Delle soffici ali blu capaci di avvolgere i corpi martoriati degli sventurati e cullarli nel loro ultimo sonno.

Mi piace ricordarla così, la mia Lucille… Con i capelli sciolti, il sorriso innocente e una coroncina di santità sulla fronte.

Mi chiedo se non sarebbe stato meglio non mettere al mondo un cuore così grande…

Tuttavia, poi mi mordo la lingua e mi dico che sarebbe stato un peccato sprecarlo.

La tisi me l’ha portata via, però ho ancora il fazzolettino su cui ho ricamato le sue iniziali.

Questa notte, me lo terrò stretto stretto al petto.

Immaginando che sia mia figlia.

Edward Robert Hughes, Notte con il suo treno di stelle, 1912. Acquarello e gouache su carta, 127×76,2 cm. Birmingham, Birmingham Museum and Art Gallery

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