di Daniela Annaro
Ricordiamo oggi, 19 febbraio, il padre dello Spazialismo, un movimento legato alla pittura astratta.
Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé –Argentina – 19 febbraio 1899/ Comabbio-Varese 7 settembre 1968) è stato uno dei più grandi artisti moderni.
Un maestro celebrato poco nel nostro Paese, ma le cui opere sono esposte nelle collezioni permanenti e nelle mostre temporanea dei migliori musei del mondo: da Washington a Londra, da Tokyo a Parigi, e proprio in questi giorni al Museo Guggenheim di New York.
Per gli scettici e per chi non ama l’arte moderna e contemporanea, quest’ultima informazione può apparire incomprensibile .
“In fondo – dicono queste persone – si è solo specializzato in buchi e tagli che anch’io sarei capace di fare!”.
Ma l’arte moderna e contemporanea, è soprattutto “idea forte”, serie di passaggi mentali che creano un percorso condiviso a chi riesce ad andare oltre il “buco”, oltre la “fenditura” della tela.
Lucio nasce in Argentina perché lì si trovava il suo babbo, a sua volta scultore. Quando torna in Italia, coltiva l’amore per la scultura studiando con Adolfo Wildt.
E da lì, inizia la sua investigazione sulla forma, la materia, lo spazio attorno alla materia.
All’inizio di questo percorso anche lui è figurativo. (Signorina seduta del 1934)
Ma sono gli anni in cui tutta l’arte cerca vie diverse in Italia come nel resto del pianeta.
“Le figure pare abbandonino il piano e continuino nello spazio” scrive Fontana. E per continuare nello spazio deve uscire, bucare la tela (monocroma spesso di un bianco puro o di altre tinte) e cercare l’oltre.
Nascono così fenditure (tagli) verticali o rotonde. Fontana li realizza anche con materiali nuovi, come la ceramica.
Teorizza questi studi in sette Manifesti dal 1947 al 1953. E non si limita a usare la ceramica. Proprio in questa prospettiva, studia e utilizza strumenti espressione delle tecniche moderne come radio, televisione, luce nera, neon…
Forme nello spazio che vibrano, creano suggestioni e nuovi pensieri. Una moderna bellezza.
Agli scettici e increduli, sensibili però alle emozioni, suggeriamo di ammirare di sera, al buio, l’opera di Fontana vista dal basso in piazza del Duomo a Milano. Non c’è bisogno neanche di visitare l’esposizione permanente.
Basta alzare lo sguardo verso il finestrone più alto del Museo del Novecento (ex Arengario) per averne conferma.