di Mattia Gelosa
Aveva 90 anni compiuti quando, una sera, a Roma, si spense nella sua casa il maestro Luigi Comencini, regista nato a Salò l’8 giugno 1916 e divenuto poi dagli anni ’50 il padre della Commedia all’italiana.
Comencini nacque da padre ingegnere e presto si trasferì con questi a vivere a Parigi, città dalla fervida situazione culturale dove si appassionò di cinema. Tornato in patria, studia architettura al Politecnico di Milano e si iscrive nei Gruppi Universitari Fascisti occupandosi di cultura e vincendo alcuni premi. Dopo un periodo di lavoro come critico per la Cineteca Italiana, raggiunge il primo successo nel 1949 con L’imperatore di Capri, commedia prodotta da Carlo Ponti con protagonista Totò, un uomo scambiato per un imperatore che a causa di questo malinteso dovrà superare diverse peripezie per poter lasciare l’isola.
Il trionfo vero e proprio si avrà, però, nel 1953, quando, con Pane, amore e fantasia, premiato con l’Orso d’Argento a Berlino e candidato all’oscar per il soggetto.
Il film è una commedia dai toni agrodolci che si svolge tutta in un piccolo e poverissimo paese della provincia italiana: qui viene trasferito il maresciallo Carotenuto (Vittorio de Sica), che prima fatica a insinuarsi nei ritmi monotoni del paese, poi finisce al centro di una storia d’amore con una giovane ragazza detta “la bersagliera” (Gina Lollobrigida).
Inizia così a tracciarsi un solco che poi verrà cavalcato dal cosidetto filone della Commedia all’italiana: storie d’amore che si inseriscono su film che ancora hanno tracce di neorealismo per via del loro mostrare la situazione reale del paese, mescolando attori principali famosi con non professionisti. Le risate non vengono mai da sole, ma ci sono sempre delle venature amare o delle riflessioni che accompagnano questo tipo di pellicole, come accade proprio anche nel film di Comencini.
Il successo sarà tale che poi si avranno altri tre sequel, Pane, amore e gelosia (1954) ancora suo e Pane, amore e… affidato ora a Dino Risi.
Il regista lombardo dirige poi Alberto Sordi e Silvana Pampanini ne La bella di Roma (1955) e ancora il romano, stavolta con Eduardo de Filippo, nel capolavoro Tutti a casa (1960), che racconta l’Italia dei giorni successivi l’8 settembre 1943, quando Badoglio chiede l’armistizio e tutti esultano credendo la guerra finita, dovendosi poi amaramente ricredere. Il film fu un successo mondiale e vinse al Festival di Mosca.
La bellissima Claudia Cardinale sarà invece la protagonista de La ragazza di Bube (1963), storia d’amore tra una contadina e un partigiano in fuga dalla legge perchè reo di omicidio.
Comencini si cimenta poi in alcune opere di genere diverso, come lo sceneggiato RAI Le avventure di Pinocchio (1972), ricco di star come Manfredi, De Sica, Franco&Ciccio e la Lollobrigida, segno evidente di una tv che allora puntava tutto sul merito e la qualità!
Nello stesso anno esce Lo scopone scientifico, storia di due poveri borgatari romani che si giocano il futuro sfidando a carte una miliardaria e il suo segretario. Alberto Sordi è ancora la star italiana, ma stavolta accanto a lui vi sono la diva Bette Davis e Joseph Cotten, spalla di Welles a teatro e in film come Quarto Potere. Il film è un capolavoro e una metafora ben riuscita della lotta tra ricchi e poveri e di come l’avarizia porti alla fine solo alla rovina.
Nel ’75 da un romanzo di Fruttero&Lucentini dirige il bel giallo La donna della domenica, con Mastroianni e Trintignant nelle parti di poliziotto e sospettato del delitto di un architetto. Il film è girato con una grande cura per i dettagli e divenne noto anche per il bel tema di Morricone.
Il genere della commedia, però, inizia a declinare definitivamente e così Comencini lavora sempre meno, facendo Il gatto nel 1977, ancora un lavoro per la RAI con Cuore (1984) e ritirandosi poi dalle scene dopo aver girato Buon Natale…buon anno (1989) a causa del subentrare del morbo di Parkinson.
Manfredi disse che era un regista serio, ma mai serioso, divertente, ma mai comico. Noi non possiamo che ricordarlo per le sue opere, quindi lo giudichiamo senz’altro come uno dei più grandi portagonisti del cinema italiano, un abilissimo regista e una persona capace di avere un occhio particolare nel saper cogliere la realtà sociale del paese e la psicologia dell’uomo.
Oggi celebriamo senz’altro un grande maestro!
La forza del cinema di Comencini sta tutta in questo scambio di battute fra il Maresciallo Carotenuto (Vittorio de Sica) e un lavoratore del paesino in Pane, amore e fantasia (1953): uno sguardo compassionevole verso chi vive nei bassifondi sociali, la denuncia delle loro condizioni mediante l’uso geniale dell’ironia.