Mario Giacomelli, maestro di fotografia, a Legnano

In occasione del Festival Fotografico Europeo, ideato e curato dall’Afi-Archivio Fotografico Italiano, il Comune di Legnano ospita nelle sale di Palazzo Leone da Perego-MA*GA di Legnano, dal 19 marzo al 4 giugno 2017, la mostra di Mario Giacomelli (1925-2000), uno dei fotografi italiani più significativi e conosciuti a livello internazionale del Novecento che John Szarkowski, il direttore del Dipartimento di fotografia del Moma di New York, consacrò nel 1963 tra i cento migliori autori al mondo.

L’esposizione, a cura di Enrica Viganò, raccoglie 101 opere selezionate e ordinate personalmente da Mario Giacomelli nel 1984, per un evento espositivo organizzato a Lonato, successivamente donate alla collezione della cittadina bresciana.

Il percorso espositivo si sviluppa nel rispetto dei nuclei tematici che lo stesso Giacomelli aveva curato per dare una visione complessiva della sua produzione artistica: Mia moglie (1955), La mia modella (1955), Mia madre (1956), Io non ho mani che mi accarezzino il volto (1961-1963), Lourdes (1957), La buona terra (1964-1965), Scanno (1957-1959), Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1955-1956 / 1981-1983), Caroline Branson da Spoon River (1971-1973), Gabbiani (1981-1984).

A fare da trait d’union sono le 41 fotografie di paesaggi dal titolo Presa di coscienza sulla natura (1955 -1984), un vero e proprio racconto visivo durato per decenni, continuamente indagato con libertà di sguardo e di impaginazione.

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A Legnano s’incontrano i reportage più emozionanti realizzati negli anni sessanta dall’artista marchigiano, come Verrà la morte e avrà i tuoi occhi (1954-56), il cui titolo è mutuato da una poesia di Cesare Pavese, realizzato all’interno dell’ospizio di Senigallia. Prima di iniziare a scattare, Giacomelli si recò nella casa di riposo per un intero anno, al fine di creare una familiarità con gli ospiti e con le loro vite. La serie è un’analisi dura, quasi brutale, del tema della vecchiaia, ma condotta con uno sguardo compassionevole e umano, che rivela i pensieri di Giacomelli sulla morte e la malattia.

Oppure la famosa epopea dei ‘pretini’, ovvero Io non ho mani che mi carezzino il volto (1961-63), da una poesia di David Maria Turoldo, che coglie la vita di giovani seminaristi nei loro momenti più festosi, sia per una partita di pallone, che per un girotondo o una battaglia di palle di neve.

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E ancora La buona terra (1964-66), che delinea la storia minima dei contadini delle Marche, lungo il ripetersi ciclico del lavoro e delle stagioni. Il quadro che ne risulta è un racconto quasi epico in cui l’uomo è legato alla natura, il contadino ai suoi campi e al lavoro, alla fatica, e dove si respira un’idea di comunità in cui tutti si rendono utili dal più giovane al più anziano.

Giacomelli ha affrontato i temi più diversi attraverso un’intensa sensibilità intrisa di vita, di inquietudine, di sofferenza e di poesia: “Tutte le mie fotografie – ricordava lo stesso Giacomelli – sono come autoritratti, ho sempre fotografato i miei pensieri e con questo voglio dire le mie idee, le mie passioni, le mie paure”.

Mario Giacomelli

Il Festival Fotografico Europeo 2017, giunto alla sua sesta edizione, è ideato e curato dall’Afi-Archivio Fotografico Italiano, con l’alto patrocinio del Parlamento Europeo, della Regione Lombardia, della Provincia di Varese e con il sostegno dei comuni di Busto Arsizio, Legnano, Castellanza, Olgiate Olona, Castiglione Olona, Gallarate e Milano-zona 6, e la collaborazione del Museo MA*GA di Gallarate e si tiene dal 18 marzo al 30 aprile 2017.

Mario Giacomelli. Note biografiche
Mario Giacomelli, nato a Senigallia (AN) nel 1925, inizia a lavorare a 13 anni in una tipografia. Nel 1952 compra una macchina fotografica e scatta la sua prima immagine, “L’approdo”. Da allora, fotografo non professionista per scelta, si dedica alla creazione delle sue intense serie fotografiche: la vita d’ospizio, i paesaggi, Scanno, il mondo contadino.
Nel 1953 entra a far parte del gruppo fotografico Misa e nel 1956 de La Bussola. Dal 1955 viene celebrato dall’allora direttore della fotografia del MoMa di New York John Szarkowski e comincia a ottenere riconoscimenti e a esporre in Italia e all’estero. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e private di tutto il mondo. Muore a Senigallia nel 2000.

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