
di Francesca Radaelli
Allo stato italiano gli ‘stranieri’ costano 12,6 miliardi di euro. 16,5 miliardi è quanto portano nelle casse dello stato italiano. Il saldo equivale al +3,9%. Numeri che dicono, ancora una volta, che il rapporto tra benefici e costi dell’immigrazione è positivo.
Questi sono solo alcuni dei dati che emergono dal quinto rapporto sull’Economia dell’Immigrazione presentato lo scorso 22 ottobre a Roma dalla Fondazione Leone Moressa, uno studio basato su dati Istat ed Eurostat, realizzato per fotografare la situazione degli stranieri in Italia.
“Attori per lo sviluppo”, vengono definiti.
Vediamo perché.
‘Immigrati’ che portano ricchezza
Il primo motivo è proprio quel saldo del +3,9%, che mette nero su bianco un dato non così difficile da indovinare, se si considera il posizionamento anagrafico dei migranti che arrivano in Italia, mediamente più giovani rispetto alla media totale della popolazione italiana, e in età lavorativa. Certo, all’interno della spesa pubblica in servizi welfare per gli utenti stranieri, oltre a voci classiche come Sanità, Scuola, Servizi sociali, Casa, Giustizia, sono annoverate anche le spese sostenute dal ministero dell’Interno per asilo, integrazione e contrasto all’immigrazione irregolare. Eppure malgrado tutto questo le entrate pubbliche riconducibili agli stranieri risultano comunque maggiori rispetto alla spesa pubblica per l’immigrazione, che rappresenta l’1,58% della spesa totale. Perché chi è regolarmente residente in Italia deve pagare le tasse. Le entrate si concretizzano tanto in termini di gettito fiscale (Irpef, Iva, imposte carburanti, lotto e lotterie, tasse su permessi di soggiorno e acquisizione cittadinanza), quanto di contributi previdenziali.
‘Immigrati’ che pagano le pensioni
Proprio quest’ultimo aspetto merita un approfondimento. Essendo prevalentemente in età lavorativa, i migranti sono soprattutto contribuenti. Se oggi la popolazione con più di 75 anni rappresenta l’11,9% tra gli italiani, costituisce solo lo 0,9% tra gli stranieri. Nell’ultimo anno i lavoratori stranieri, che sono oltre 2,3 milioni, hanno versato ben 10,29 miliardi di euro in contributi previdenziali. Insomma, in Italia 620 mila anziani devono ringraziare gli immigrati: sono questi ultimi a “pagare” la loro pensione. Su cinque milioni di residenti stranieri nel nostro Paese sono 3,46 milioni i contribuenti (nati all’estero) e, nel 2014, hanno dichiarato redditi per 45,6 miliardi di euro e versato Irpef netta per 6,8 miliardi di euro. Per i nati all’estero presenti in Italia il reddito medio è di 13.180 euro, nati in Italia 20.710 euro (differenziale 7.530 euro).
‘Immigrati’ che fanno impresa
125 miliardi di ricchezza, l’8,6% del Valore Aggiunto complessivo. È quanto producono gli occupati stranieri nel nostro paese. In quali settori? Dal rapporto emerge che il 50% è prodotto nei servizi, in particolar modo nella ristorazione (18,0%) e nell’edilizia (17,3%). Ma gli stranieri in Italia sono anche, e sempre più, imprenditori: nel 2014 imprese condotte da stranieri sono ben 524.674, producono il 6,5% dell’intero valore aggiunto (94,8 miliardi euro). Sono 632.000 gli imprenditori nati all’estero, l’8,3% del totale, in uno scenario in cui dal 2009 al 2014 nel nostro paese la quota di imprenditori italiani registra un calo del 6,9% mentre quelli stranieri sono in aumento del 21,3%.
Attualmente in Italia gli stranieri residenti sono 5.014.437, l’8,2% sul totale della popolazione. Secondo le previsioni dell’Istat nel 2050 la componente straniera rappresenterà un quinto della popolazione totale. Un altro studio, l’ultimo rapporto Caritas e Migrantes presentato a giugno, permette di mapparne la distribuzione attuale nelle varie regioni: vince la Lombardia con 1.129.185 stranieri residenti.
Un primato che forse, alla luce di tutti questi indicatori, bisognerebbe iniziare a guardare come a un punto di partenza. Una risorsa di cui fare tesoro. Una base promettente da cui partire. Anche per costruire un nuovo futuro.
Francesca Radaelli